Deve ringraziare il carcere, Michele Zito. Perché è proprio l’arresto ad averlo salvato da una morte quasi certa. L’arresto ed anche i controlli delle forze di polizia.

 

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Gli appartenenti al clan Piromalli volevano rispondere subito agli attentati subiti da Gaetano Tomaselli e Giuseppe Antonio Trimboli. Una sventagliata di mitra, infatti, aveva messo un po’ di tensione all’interno della cosca. Per questo, bisognava subito individuare gli autori dell’attentato e fargliela pagare. Zito fu ritenuto un componente del commando.

 

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Fu allora che Teodoro Mazzaferro, Girolamo Mazzaferro, Giuseppe Antonio Trimboli, Francesco Sciacca, Pasquale Guerrisi, Giuseppe Barbaro, Domenico Barbaro e Francesco Trunfio, stando a quanto hanno appurato i magistrati reggini, avrebbero pianificato tutto quanto per eliminare Zito. Avrebbero, dunque, armato i killer, procurando loro anche la moto da utilizzare per compiere l’attentato mortale e poi darsi alla fuga. Furono effettuati anche dei sopralluoghi diretti ad individuare il percorso stradale più sicuro in quanto libero dalla visuale delle telecamere di sicurezza, da percorrere sia prima che dopo l’azione di sangue. Occorreva seguire i movimenti di Zito e così cogliere l’attimo giusto per colpirlo mortalmente.

 

Questo progetto, però, andò all’aria per due ordini di ragioni: Zito fu arrestato nell’operazione “Vulcano” e, quindi, non fu più possibile arrivare a lui. Ma, ancor prima, le forze di polizia predisposero servizi straordinari di controllo, sotto l’ombrello dell’operazione “Focus ‘ndrangheta”, facendo così sentire forte la pressione dello Stato e scoraggiando l’eventuale esecuzione dell’azione criminale.

 

Consolato Minniti