Si terrà domani – giovedì 31 agosto – un incontro importante fra una delegazione della Provincia di Vibo Valentia ed il ministro dell’Interno Marco Minniti. Si cerca una “via d’uscita” per il “caso Vibo”, unico ente provinciale (insieme a Biella, uscita poi dal dissesto nel 2015) in dissesto finanziario dichiarato per quasi 40 milioni di euro e che da mesi non riesce ad assicurare gli stipendi ai dipendenti, né servizi di alcun genere ai cittadini: dalla funzionalità delle scuole alla sicurezza sulle strade. Una situazione di tracollo totale la cui soluzione passa al ministro dell’Interno Marco Minniti. Non solo perchè unico calabrese nella squadra di Governo, ma anche perché titolare di un Ministero importante, quale quello dell’Interno che, seppur non direttamente deputato alla risoluzione di aspetti prettamente finanziari di competenza di altri dicasteri, rischia di essere direttamente investito per ragioni di “ordine pubblico”.

 

I dipendenti minacciano proteste

Il “caso Vibo” rischia infatti di sfuggire di mano, con i dipendenti che minacciano azioni di protesta eclatanti e si dicono pronti a rioccupare la sede dell’ente ed a mettere in “scena” altre forme di protesta eclatante. Ammontano a 25 milioni di euro i fondi che, secondo una stima del presidente dell’ente Andrea Niglia, occorrono per salvare la Provincia di Vibo. Per il solo riequilibrio di bilancio servirebbero 15 milioni di euro. Cifre che difficilmente il Governo metterà sul tavolo per risolvere il “caso” di una Provincia a cui – in verità – a Roma importa ben poco. Con buona pace di chi crede in un intervento “miracoloso” del ministro dell’Interno Marco Minniti.

 

Cosa resta, allora? Restano le responsabilità politiche che la stessa politica – da Roma a Vibo Valentia passando per Reggio Calabria e Catanzaro – non vuole assumersi. La Provincia di Vibo Valentia è stata amministrata negli anni, dal 1995 (anno della sua nascita) ad oggi, dal centrosinistra, stesso colore politico dell’attuale squadra di Governo. Una gestione che l’ha portata in dissesto finanziario in pochi anni. L’ente è stato negli anni “spolpato” e “prosciugato” senza fornire servizi degni di tal nome ai cittadini e, spesso, ha finito per essere il luogo ideale dove imboscare parenti, amici, zii e nipoti dei politici di turno. Con buona pace di chi nell’ente (pochi o molti che siano ha poca importanza) magari vi è entrato per meritocrazia. Non è esente da responsabilità politiche, nel fallimento della Provincia di Vibo Valentia, neanche la c.d. opposizione. La stessa che ha fatto finta, all’epoca della gestione dell’ente da parte di Gaetano Ottavio Bruni (ben due mandati consecutivi), di opporsi per poi passare (almeno parte di essa) armi, bagagli e bagattelle con lo stesso Bruni divenuto improvvisamente “amministratore capace”. La stessa opposizione che terminata in anticipo “l’era De Nisi” con la dichiarazione di dissesto finanziario dell’ente, nell’ultima tornata elettorale – da Forza Italia a Fratelli d’Italia – è stata capace di partorire un “pactum” politico con il centrosinistra che oggi mostra tutti i suoi frutti: il famigerato “Accorduni” che ha portato alla presidenza dell’ente il sindaco di Briatico, Andrea Niglia.

 

Provincia a rischio scioglimento? 

Un sindaco – Andrea Niglia – da mesi, anzi da anni, nel “mirino” proprio del Ministero dell’Interno che, ben prima dell’insediamento al vertice di Marco Minniti, ne chiede l’incandidabilità per mafia. Persa la battaglia in primo grado, il Ministero dell’Interno ha appellato quel verdetto e l’appello pende sin dal 2014, cioè pendeva già all’atto della designazione di Andrea Niglia alla presidenza dell’ente (settembre 2014 da parte delle forze politiche protagoniste dell’Accorduni). Lo stesso Ministero dell’Interno che, nelle scorse settimane (mentre la magistratura processa Andrea Niglia nell’inchiesta antimafia “Costa pulita” per corruzione elettorale aggravata dalle modalità mafiose), ha deciso di dare il proprio placet all’invio – richiesto dalla Prefettura di Vibo Valentia – di una commissione di accesso agli atti al Comune di Briatico per accertare eventuali infiltrazioni mafiose. Scelta, quest’ultima, che si riverbera direttamente pure sulla Provincia, atteso che l’attuale sindaco di Briatico ricopre pure la carica di presidente dell’amministrazione provinciale (i cui organi elettivi non vengono più eletti direttamente dai cittadini).

 

 "Vibo, un caso politico"

Ecco così che il “caso Vibo” diventa tutto politico per una politica (di centrosinistra quanto di centrodestra) incapace di assumersi le proprie responsabilità sino in fondo e recitare il “mea culpa”: dovrebbe infatti ammettere il fallimento di se stessa. E non sia mai. Meglio scaricare magari le responsabilità su chi il dissesto si è limitato a dichiararlo (l’allora commissario prefettizio Mario Ciclosi) dinanzi all’evidenza dei numeri (la matematica non è purtroppo un’opinione) ed al fallimento di una classe politica di nani e lacchè che non riesce a certe latitudini a garantire neppure i diritti essenziali tutelati dalla Costituzione (scuole e trasporti). Meglio, semmai, scaricare le responsabilità sulle banche e continuare comunque a fare “politica”. Le poltrone, pur se scomodissime, a certe latitudini continuano a piacere ed a mantenere il proprio “fascino”. Anche sulla pelle dei cittadini lontani dai giochi di potere, dagli accordi di palazzo e dagli “Accorduni” senza né capo, né coda.

 

Giuseppe Baglivo