Il pronto soccorso di Cosenza, primo avamposto delle cure d'emergenza in cui convergono pazienti dall'intera provincia, ha una tonalità di colore decisamente tendente al rosa. È infatti presidiato da uno staff medico di sole donne, dieci nel complesso. E sono donne anche la maggioranza delle altre figure sanitarie in servizio.

Sono qui per scelta

L'Azienda Ospedaliera, dopo aver ultimato le procedure dell'avviso pubblico bandito per nominare il dirigente facente funzioni, in seguito alle dimissioni lo scorso anno, di Michele Mitaritonno, vincitore di un concorso a Saronno, ha nominato Paola Viggiani, già in precedenza alla guida del reparto in qualità di referente. La volontà di operare nella trincea dell'Annunziata risponde a una ben precisa vocazione: «Sono qui per scelta personale - ribadisce al nostro network – Certo, il fatto che l’unità operativa sia composta solo da donne è una particolarità».

Lo scarso appeal della medicina d’urgenza

Qualche maligno potrebbe pensare che gli uomini fuggano da questo reparto scomodo. Non è un caso molte manifestazioni di interesse aperte per rimpinguare l’organico, non abbiano suscitato particolare appeal: «In verità tra poco dovrebbero giungere altri tre medici a supporto. Poi l’Azienda è in procinto di assumere circa trenta infermieri per cui ci sarà una implementazione di organico anche per il Dipartimento di Emergenza e Accettazione. Il problema della carenza di personale è comunque diffuso in tutta la Penisola – sottolinea Paola Viggiani – La Simeu, la Società Italiana di Medicina di Emergenza e Urgenza, quasi quotidianamente denuncia l’assenza di specialisti in questa branca».

Presto nuovi spazi disponibili

Sono quasi ultimati gli interventi di allargamento dei locali, con un nuovo spazio in cui sarà collocata l’Obi, l’Osservazione breve intensiva. Quello della logistica è una delle criticità del Dea: «Sarà per noi una boccata d’ossigeno per evitare la calca nell’area del triage. Gli accessi impropri sono quasi fisiologici. Il capitolo dei codici bianchi è pure comune al resto dell’Italia. Il paziente spesso non ha fiducia nel medico di base o nella medicina territoriale e si rivolge a noi, magari per sottoporsi nell’immediatezza ad un esame diagnostico. Dobbiamo tenere presente anche l’aspetto emotivo: chi viene qui da noi avverte un problema di salute e si aspetta una risposta. Ma l’utenza deve tenere conto dello sforzo del nostro personale che è sottoposto ad un duro turnover molto usurante».

La rete con gli altri ospedali

Importante attivare la rete con gli altri presidi ospedalieri: «Una collaborazione è già in atto – sottolinea Paola Viggiani – Noi però siamo il centro di riferimento per cui lo Spoke si trova spesso costretto comunque a trasferire i pazienti all’Annunziata perché bisognosi di specialistiche presenti solo nel nostro Hub». La pandemia costringe ancora i parenti ad attendere all’esterno dello stabilimento: spesso lamentano la mancanza di un punto di riferimento per avere notizie dei propri cari: «Per adesso non è ancora possibile consentire l’ingresso ai familiari degli ammalati. Abbiamo attivato un servizio di messaggistica – conclude la dirigente del pronto soccorso – per tenere costantemente informati i congiunti sull’evolversi delle condizioni cliniche dei pazienti. Non sempre è pienamente soddisfacente ma ci stiamo impegnando per migliorarlo, tenendo conto del fatto che ogni medico mediamente può arrivare a visitare in una giornata anche più di 30 persone».