Michele Sirgiovanni, ex procuratore facente funzioni di Vibo Valentia, e attuale giudice presso il tribunale di Prato, non era legittimato a presentare il ricorso al Tar del Lazio avverso la nomina di Camillo Falvo, scelto dal Plenum del Csm, nel 2019, quale procuratore capo di Vibo Valentia. Lo ha stabilito la prima sezione del tribunale amministrativo regionale per il Lazio, competente sulle delibere firmate dal "Parlamento delle Toghe". La decisione è arrivata il 15 febbraio scorso, ma solo domani il Plenum del Csm, nel capitolo che riguarda i contenziosi amministrativi, ne prenderà d'atto, come si evince dalla pratica redatta dal consigliere togato Antonio D'Amato.

Camillo Falvo, magistrato impegnato da anni nella lotta alla 'ndrangheta, viste le operazioni condotte sia nel Cosentino che nel Vibonese, che hanno portato ad arresti e pesanti condanne, rimane quindi al suo posto.

Sirgiovanni trasferito in una sede disagiata

Tra i motivi di reclamo presentati da Sirgiovanni al Tar del Lazio, vi era quello che avrebbe potuto presentare la domanda per la procura di Vibo Valentia nonostante fosse stato trasferito da meno di quattro anni in una sede disagiata. E qui si ripropone un tema che il nostro network ha trattato in passato: il turnover  

L’ex procuratore facente funzioni di Vibo non poteva lasciare il tribunale di Prato

Secondo il relatore Matthias Viggiano (presidente Antonino Savo Amodio), «nessun pregio hanno le doglianze del ricorrente circa un’asserita inapplicabilità del nuovo termine di legittimazione» relativamente alla possibilità di trasferirsi in un'altra sede prima dei quattro anni. Per il Tar del Lazio, dunque, «nessuna violazione commetteva la quinta commissione nell’escludere il ricorrente. Allo stesso modo, nessun affidamento poteva riporre l’esponente nella possibilità di lasciare il posto presso il Tribunale di Prato prima del decorso di quattro anni. Circostanza confermata dal fatto che la domanda veniva presentata in data 16 novembre 2016, ossia in data non solo successiva all’entrata in vigore del decreto, ma anche alla sua conversione (occorsa il 25 ottobre 2016)». In conclusione, i giudici amministrativi hanno ritenuto infondate tutte le censure mosse dal giudice Michele Sirgiovanni.