Dieci condanne e quattro assoluzioni. Questa la richiesta del pm, Concettina Iannazzo, nel processo sull’alluvione che il 3 luglio 2006 ha sconvolto Vibo e le Marinate provocando tre morti e danni per milioni di euro. Dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto da Giulio De Gregorio, il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto le seguenti condanne: 3 anni di reclusione per Domenico Corigliano, ex comandante della Polizia Municipale di Vibo (avvocati Pagliaro e Romano); 3 anni per Giacomo Consoli, ex dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Vibo (avvocato Antonello Fuscà); 2 anni e 6 mesi per Pietro La Rosa, responsabile della sorveglianza idraulica dei bacini idrografici nella provincia di Vibo (avvocato Giosuè Megna); 2 anni a testa per Raffaella, Alessandra, Maria Antonietta e Fabrizio Marzano, proprietari di alcuni immobili in contrada Sughero; 2 anni per Filippo Valotta (Consorzio industriale), assistito dagli avvocati Vecchio e D’Agostino; 2 anni per Giovanni Ricca, responsabile pro tempore dell’Abr (avvocato Vincenzo Adamo); 2 anni Ottavio Amaro, responsabile pro tempore dell’Abr (avvocato Guido Contestabile).

L’assoluzione per non aver commesso il fatto è stata invece chiesta dal pubblico ministero per: Ugo Bellantoni, ex dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Vibo, difeso dall’avvocato Vincenzo Belvedere; Silvana De Carolis, ex dirigente del settore Lavori pubblici e Urbanistica del Comune di Vibo (avvocato Giuseppe Di Renzo); Gaetano Ottavio Bruni, ex presidente della Provincia di Vibo (avvocati Giovanni Vecchio e Sandro D’Agostino); Paolo Barbieri, ex assessore provinciale ai Lavori pubblici (avvocato Giuseppe Altieri); Per quanto riguarda l’imputato Ugo Bellantoni, il pm Iannazzo ha motivato la richiesta di assoluzione con il fatto che lo stesso aveva lasciato ogni incarico al Comune di Vibo Valentia nel 2001, mentre per la De Carolis la richiesta di assoluzione viene motivata con il fatto che non aveva le competenze ad intervenire nei settori le cui omissioni avrebbero concorso a provocare gli effetti devastanti dell’alluvione. Stessa cosa per Gaetano Ottavio Bruni e Paolo Barbieri ai vertici all’epoca dell’ente Provincia.

Ben 19 le parti civili del processo, mentre tre sono gli enti chiamati a rispondere quali responsabili civili: il Comune di Vibo, difeso dall’avvocato Nicola Lo Torto, la Provincia di Vibo, assistita dagli avvocati Emilio Stagliano e Francesco Maione, la Regione Calabria, difesa dagli avvocati Michele Rausei e Antonio Montagnese. 

Fra le parti civili, oltre ai familiari delle vittime e 17 privati cittadini, ci sono anche il Wwf con l’avvocato Angelo Calzone e Legambiente con l’avvocato Rodolfo Ambrosio. Altre sei parti civili sono invece assistite dall’avvocato Antonio Porcelli, una a testa dagli avvocati Maria Repice e Antonio Ludovico e due dall’avvocato Giuseppe Costabile. Parte civile anche Bruno Virdò, l’uomo che riportò gravi ferite tentando di salvare il piccolo Salvatore Gaglioti. 

Il reato contestato agli imputati è quello di disastro colposo. Da ricordare che il 25 ottobre 2016 il Tribunale ha dichiarato la prescrizione (atteso che nessuno degli imputati aveva inteso rinunciarvi per avere un’eventuale assoluzione nel merito) per i reati di omicidio colposo ed omissione d’atti d’ufficio. Gli imputati dovevano tutti rispondere di aver cagionato con condotte colpose, ognuno per i rispettivi ruoli, la morte del piccolo Salvatore Gaglioti (di soli 16 mesi) e dello zio Ulisse Gaglioti sommersi, unitamente a Nicola De Pascale (altra vittima dell’alluvione), da una colata di fango e detriti sulla Statale 18 nei pressi della non lontana contrada “Sughero”. La famiglia Gaglioti è costituita parte civile nel processo con l’avvocato Giuseppe Pasquino.