Sentenza del Tribunale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Claudia Caputo, per il processo sullo scandalo del “Cimitero degli orrori” di Tropea. Cinque anni di reclusione la condanna per Francesco Trecate, ex custode del cimitero di Tropea, mentre 3 anni e 6 mesi è la pena per il figlio Salvatore. Il pubblico ministero, Concettina Iannazzo, aveva chiesto la condanna dei Trecate a 5 anni e 6 mesi ciascuno. Agli imputati sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestate aggravanti. Quale pene accessorie, Francesco Trecate è stato condannato all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, mentre il figlio Salvatore è stato condannato all’interdizione per cinque anni.
Violazione dei sepolcri
, incendio all’interno del cimitero, distruzione e soppressione di diversi cadaveri, le contestazioni mosse a Franco Trecate ed al figlio Salvatore, quest’ultimo impiegato al cimitero senza titolo in aiuto del padre.

Le accuse

In particolare, Francesco Trecate si sarebbe adoperato per la predisposizione dei mezzi e il procacciamento degli strumenti necessari per portare a termine la materiale soppressione dei cadaveri. L’arco temporale delle contestazioni andava dal febbraio 2019 al 7 febbraio 2021. Per i due Trecate e Contartese l’accusa di violazione di sepolcro faceva invece riferimento all’aver “violato le tombe di Clotilde Del Vecchio, Romana Marzano, Salvatore Addolorato, Francesco Toraldo, Maria Garibaldino, Antonio Macrì, Maria Cortese, Vincenzo Giovanni Balso”, più altri due sepolcri di defunti con un cognome non identificato (tali “Giuseppe e Vittoria”). La Procura contestava poi ulteriori violazioni in 16 tombe in cui erano tumulati i cadaveri di soggetti non identificati. In particolare, gli imputati avrebbero proceduto all’estumulazione delle bare all’interno delle quali vi erano le salme dei soggetti citati, in assenza delle prescritte autorizzazioni amministrative ed in violazione della normativa di settore. Il reato era aggravato nei confronti di Francesco Trecate in quanto avrebbe commesso il fatto abusando dei propri poteri ed in violazione dei doveri derivanti dal ruolo di custode del cimitero. I Trecate, padre e figlio, dovevano rispondere anche del reato di distruzione e soppressione di cadavere. Per la precisione di sette cadaveri sezionati con l’aiuto di un seghetto e di un martello. Tali distruzioni sarebbero avvenute – ad avviso degli inquirenti – nelle giornate del 18, 20, 23 e 27 novembre del 2020, del 16 dicembre 2020 e del 22 gennaio 2021. I sette cadaveri appartenevano a soggetti non identificati e i Trecate sono accusati di aver proceduto alla loro definitiva distruzione mediante combustione, con l’aggravante di aver commesso il fatto in un cimitero e con l’ulteriore aggravante per il solo Francesco Trecate in quanto avrebbe abusato dei suoi poteri di custode del cimitero. Ai Trecate viene infine contestato di aver appiccato il fuoco ai rifiuti prodotti con le precedenti condotte finalizzate alla distruzione dei cadaveri.

La difesa

E’ toccato all’avvocato Giuseppe Di Renzo nel corso cercare nella discussione finale di demolire l’impianto accusatorio l’investitura di Franco Trecate ad occuparsi del cimitero da parte del Comune di Tropea (assessore al ramo, sindaco e dirigente del settore), sottolineando come, a suo avviso, non si siano consumate delle profanazioni dei sepolcri ma solo uno “scostamento” dalle norme che regolano lo spostamento delle salme dei defunti. Spostamenti richiesti dai familiari dei defunti per far posto a nuove sepolture in assenza di posti e dietro autorizzazione del Comune. “Non c’è stato nessun cimitero degli orrori e nessun mostro – ha ribadito in aula l’avvocato Di Renzo – poiché erano i familiari dei defunti, nessuno dei quali si è costituito parte civile, a chiedere al custode di spostare i propri cari”. Da qui la richiesta di assoluzione formulata dal difensore o, in subordine, l’applicazione del minimo della pena con il riconoscimento delle attenuanti generiche.

Il Pm in sede di replica

Alle argomentazioni dell’avvocato Di Renzo ha prontamente replicato il pm Concettina Iannazzo. “E’ bene chiarire che non siamo dinanzi ad illeciti amministrativi compiuti nel cimitero di Tropea, ma alla commissione di reati penali. La Procura non ha mai contestato la profanazione, ma i reati di violazione dei sepolcri e distruzione dei cadaveri e delle tombe. Bisogna inoltre ribadire che non tutte le estumulazioni dei cadaveri sono state autorizzate dai familiari dei defunti, in quanto molte sono avvenute nel muro perimetrale del cimitero e non quindi in cappelle private. Estumulazione, tra l’altro, in diversi casi di soggetti neppure identificati. La distruzione dei cadaveri – ha concluso il pm – avveniva non solo con lesioni alle bare, ma anche spezzando i resti dei corpi che venivano poi buttati nei sacchi della spazzatura. Siamo dinanzi ad una chiara distruzione dei cadaveri”.
Alle conclusioni del pm si era associato anche l’avvocato Michele Accorinti, parte civile per conto del Comune di Tropea, che dal canto suo aveva chiesto al Tribunale il pagamento delle spese legali a carico degli imputati e la condanna al risarcimento dei danni nei confronti del Comune.

Quindi la sentenza del Tribunale che ha rigettato la richiesta di provvisionale chiesta dal legale del Comune ed ha condannato gli imputati al pagamento delle spese legali e al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede. Da ricordare che il terzo imputato di tale procedimento penale, Roberto Contartese, era già stato condannato a 3 anni e 6 mesi al termine di un processo celebrato con rito abbreviato, godendo quindi di uno sconto di pena pari ad un terzo. Stessa pena decisa oggi (3 anni e 6 mesi) per Salvatore Trecate con rito ordinario. Il Tribunale non ha infine disposto la trasmissione degli atti alla Procura per il teste Vincenzo Godano per come aveva chiesto il pm. Tra 90 giorni il deposito delle motivazioni della sentenza.