Cinque anni e quattro mesi di reclusione, 600 euro di multa, interdizione dai pubblici, pagamento di 1800 euro alle partici civili e delle somme corrispondenti alle spese processuali. Si è chiuso così per l’ex vicepresidente della Sacal Giampaolo Bevilacqua nella Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta da Domenico Commodaro, uno stralcio del processo Perseo che lo vede accusato di concorso esterno in associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.

 

Un processo d'appello bis, quello nei confronti di Bevilacqua, difeso dall'avvocato Francesco Gambardella, reso necessario dall'annullamento con rinvio, da parte della Cassazione, della sentenza d'assoluzione che era stata emessa nel 2017. Si tratta, nello specifico, di un procedimento che rappresenta uno stralcio del processo "Perseo" istruito contro la cosca Giampà di Lamezia Terme. In primo grado, nel 2015, Bevilacqua era stato condannato dal Tribunale di Lamezia Terme a quattro anni e 8 mesi di reclusione (e all'interdizione per cinque anni dai pubblici uffici) per concorso esterno, mentre era stato assolto dall’accusa di estorsione aggravata.

 

Dopo l'assoluzione in secondo grado, la Cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza della Corte d'Appello. Si è avviato così un nuovo processo nel corso del quale il sostituto procuratore generale aveva chiesto una condanna a 6 anni e 4 mesi. Nel processo si erano costituiti parti civili il Comune di Lamezia Terme, rappresentato dall'avvocato Caterina Restuccia, l'Associazione antiracket lametina, con l'avvocato Carlo Carere, e la Federazione italiana Antiracket, rappresentata dall'avvocato Francesco Pizzuto.

 

Bevilacqua: «Dimostrerò la mia estraneità»

La replica del diretto interessato, non è tardata ad arrivare. In particolare, in una nota, Bevilacqua evidenzia: «Ciò che mi angoscia è che il giudizio di condanna è stato pronunciato dallo stesso giudice che prima mi ava assolto. Dire che abbia fiducia nella giustizia mi sembra stucchevole e retorico. Ovviamente credo nella giustizia ma non posso negare un legittimo disorientamento nel patire un sistema che possa, sulla base delle stesse prove, legittimare opinioni di segno opposto».  

 

E ancora: «Sono ansioso di leggere le motivazioni della sentenza di condanna a morte pronunciata nei miei riguardi e capire come sia possibile addebitarmi condotte mafiose». Pertanto «Una volta che tutto sarà finito con il riconoscimento della mia assoluta estraneità a qualsiasi fatto vorrò prendere io la parola ed occuparmi di chi strumentalmente, seppure fuori dal mondo giudiziario, sta portando avanti un disegno distruttivo nei confronti della mia persona».