Il titolare dello stabilimento tipografico simulò un guasto alla rotativa per non stampare l'Ora della Calabria recante la notizia di un'indagine aperta sul figlio del senatore Antonio Gentile, la cui posizione fu poi archiviata. È stato lo stesso pm a chiedere il proscioglimento
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Umberto De Rose, titolare dello stabilimento tipografico in cui veniva stampato il quotidiano L’Ora della Calabria, è stato assolto dal tribunale di Cosenza, nell’ambito del processo Oragate, dall’accusa di tentata violenza privata. Era stato lo stesso pubblico ministero, Domenico Frascino, a chiedere al giudice Manuela Gallo, il proscioglimento.
La telefonata e il tentativo di censura
La vicenda scaturisce dalla mancata uscita del giornale per un guasto alla rotativa simulato da De Rose nella notte tra il 18 e il 19 febbraio 2014. In prima pagina l’edizione recava la notizia di un coinvolgimento di Andrea Gentile, figlio dell’allora senatore Antonio Gentile, in procinto di entrare nel Governo come Sottosegretario, in una inchiesta sulla presunta irregolarità di incarichi pubblici a lui affidati. La posizione di Andrea Gentile fu poi archiviata. De Rose, prima di bloccare la stampa del giornale, aveva telefonato all’editore dell’Ora della Calabria Alfredo Citrigno, chiedendogli di non pubblicare quella notizia. La telefonata venne registrata dal direttore responsabile del giornale, Luciano Regolo, oggi condirettore di Famiglia Cristiana.
I fatti non costituiscono reato
Secondo il pubblico ministero, De Rose avrebbe effettivamente simulato il guasto della rotativa, impedendo di fatto l’arrivo nelle edicole dell’Ora della Calabria del 19 febbraio 2014. Ma questo comportamento non implica il reato di tentata violenza privata da parte del De Rose, che non aveva interessi personali da difendere. Da qui la richiesta di assoluzione.
Luciano Regolo si dissocia: «Epilogo grottesco»
L’avvocato di Luciano Regolo, Giulio Bruno, si è associato alla posizione del Pubblico Ministero. Un atteggiamento condannato dallo stesso Regolo il quale, in una nota, stigmatizza il comportamento del suo stesso legale. «Intendo precisare – scrive - che alcun passo indietro ho fatto e farò nella difesa della libertà di stampa. Ho appreso che il legale che mi rappresenta a mia totale insaputa si è associato alla richiesta di assoluzione di De Rose. Una linea che ovviamente non condivido. Le spiegazioni che lui mi ha fornito attengono al piano della dottrina giurisprudenziale e alla formulazione del capo di imputazione che sarebbe stata errata, ma tengono francamente in ben poco conto quanto i miei colleghi dell'Ora e io subimmo la notte tra il 18 e il 19 febbraio 2014, con la simulazione di un guasto alla rotativa che impedì al giornale di andare in stampa e a noi tutti di veder realizzato il frutto del nostro lavoro. Trovo questo epilogo grottesco dopo quattro anni di lungaggini e strani rinvii, trovo grottesco che si assolva per motivi formali chi soffoca la libertà di stampa perché in quattro anni si sarebbe potuto facilmente procedere in maniera diversa. Attendo solo le motivazioni della sentenza per fare appello e poter fare luce sull'ennesima pagina dubbia in questo processo e nelle tante cose insolite che ho notato nel tribunale di Cosenza durante questa vicenda per me molto dolorosa».