Nella deposizione del maresciallo Francesco Osso, del Nucleo Investigativo di Vibo, l’intercettazione che ha captato i commenti del “soldato” del clan dopo la pubblicazione di un pezzo sul Il Vibonese.it
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
ANSA
Ancora la figura di Salvatore Ascone, 59 anni, di Limbadi, alias “U Pinnularu”, nella deposizione del maresciallo capo, Francesco Osso – in servizio al Nucleo Investigativo dei carabinieri di Vibo Valentia –, nel maxiprocesso Maestrale-Carthago in corso dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, il teste si è soffermato sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno dato conto del ruolo di Salvatore Ascone all’interno del clan Mancuso.
Ad iniziare dal vibonese, Andrea Mantella, che nel 2020 si è soffermato con gli inquirenti su Salvatore Ascone dando così indiretto riscontro ad un’intercettazione nella quale era stato lo stesso “Pinnularu” a “confessare” di essere stato in passato un “soldato” dei Mancuso, “con i quali si era cresciuto”, continuando poi negli anni a scalare le gerarchie mafiose della ‘ndrina di Limbadi.
Andrea Mantella ha inoltre riferito – in un comune periodo di detenzione in carcere a Viterbo con Diego Mancuso – che Salvatore Ascone risultava particolarmente vicino proprio al boss Diego Mancuso, alias “Addeco” o “Mazzola”, circostanza raccontata pure dal collaboratore Giuseppe Giampà dell’omonimo e potente clan di Lamezia Terme. Quindi i riscontri rispetto alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Antonino Belnome, intraneo al clan Gallace di Guardavalle ma posto a capo negli anni 2000, con la dote di “Padrino”, del “locale” di ‘ndrangheta di Giussano. Autore materiale dell’omicidio del boss Carmelo Novella (ucciso in un bar di San Vittore Olona il 14 luglio 2008) - che voleva attuare la secessione della ‘ndrangheta lombarda dalla “casa madre” calabrese -, Antonino Belnome ha reso dichiarazioni pure sulla figura di Salvatore Ascone, collocandolo all’interno del clan Mancuso e quale soggetto interessato all’acquisizione di terreni agricoli a Limbadi. Non sono poi mancati i riscontri degli uomini del Nucleo Investigativo di Vibo e del maresciallo capo Francesco Osso anche rispetto al dichiarato del collaboratore di giustizia, Vincenzo Albanese, quest’ultimo genero di Rocco Bellocco di Rosarno, il quale ha raccontato della stretta vicinanza di Ascone al clan Mancuso e dell’interessamento per il traffico di droga. Sulla figura mafiosa di “U Pinnularu” ha infine reso importanti dichiarazioni pure il collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, nel corso di due interrogatori (23 ottobre 2018 e 16 luglio 2021).
L’articolo de Il Vibonese.it e la paura di un arresto
Il maresciallo capo, Francesco Osso, ha quindi raccontato in aula quanto accaduto a Limbadi alla lettura di un articolo de il Vibonese.it del 24 marzo 2019 che dava conto delle nuove dichiarazioni del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso depositate nel processo d’appello per l’operazione “Black money”. “E’ Rocco Ascone, figlio di Salvatore, a leggere l’articolo de Il Vibonese.it – spiega in aula l’investigatore dell’Arma – alla presenza del cugino Francesco Ascone, di Salvatore Ascone e del rumeno Gheorge Laurentiu Nicolae. Emergeva chiaramente la preoccupazione dei presenti rispetto a ciò che poteva accadere a Salvatore Ascone a seguito delle dichiarazioni di Emanuele Mancuso, in quanto l’articolo riportava il suo dichiarato in relazione all’omicidio (“lupara bianca”) di Roberto Soriano di Filandari, macinato con la fresa del trattore. Salvatore Ascone esclamava che si doveva ormai guardare e si preoccupava del fatto che Emanuele Mancuso potesse riferire circostanze anche sul suo conto”. Relativamente invece alle spese legali che Emanuele Mancuso prima della collaborazione si era offerto di pagare (settemila euro) per aiutare il suo amico, Giuseppe Soriano (figlio di Roberto, scomparso per “lupara bianca”), Salvatore Ascone nelle intercettazioni commentava l’articolo de Il Vibonese.it aggiungendo che si trattava di “soldi che sono dello zio Luigi”, alludendo a Luigi Mancuso, zio di Emanuele. Al termine della lettura dell’articolo, infine, le imprecazioni di Salvatore Ascone contro Emanuele Mancuso e l’ordine ai suoi interlocutori: “Ora qui mi fanno l’arresto, mi spaccano, qui arriva l’esercito, distruggete tutto là”, con chiaro riferimento – ha concluso il maresciallo Osso – alla distruzione di sostanza stupefacente occultata e ad una pistola.