In aula due funzionari della Prefettura hanno riferito delle ispezioni a Riace, tra presenze in esubero e l'inserimento di congiunti di amministratori comunali nei progetti d'accoglienza
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La permanenza degli immigrati del progetto Cas oltre il limite consentito e l’inserimento di alcuni parenti di amministratori comunali nei progetti di accoglienza. Questi i passaggi salienti delle dichiarazioni dei testi dell’accusa nel corso dell’udienza di oggi al processo Xenia in corso al tribunale di Locri, che vede alla sbarra l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, accusato insieme ad altre 25 persone di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa e abuso d’ufficio. La prima a deporre davanti al collegio presieduto da Fulvio Accurso è stata Maria Grazia Surace, funzionaria della Prefettura di Reggio che, incalzata dalle domande del pm Michele Permunian, ha riferito di aver rilevato un esubero di presenze nel Cas riacese di 37 persone per le quali è stata decurtata la somma relativa a quei rimborsi. Una situazione ritenuta legittima dai legali dell’ex primo cittadino Mazzone e Daqua, secondo cui era legittima la permanenza nel Cas dei soggetti aventi diritto che non transitavano nello Sprar per mancanza di posti.
E’ stato poi il turno di Salvatore Gullì, che ha ricostruito gli esiti di un’ispezione sollecitata da Lucano al Prefetto a seguito della visita dei funzionari dell’Ufficio Centrale dello Sprar. Il teste ha ricostruito in aula alcune criticità emerse dai controlli, su tutte la presenza di una presunta “parentopoli” nelle assunzioni, a giudizio della difesa degli imputati abbastanza contenuta.
Il processo adesso si fermerà per la pausa estiva, prima di riprendere il prossimo 11 settembre con l’audizione di altri tre testimoni dell’accusa.
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