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È stata una mattinata movimentata, quella di oggi al tribunale di Vibo Valentia. Durante un’ udienza per il processo "Libra", operazione antimafia scattata nel maggio scorso contro il presunto clan “Tripodi-Mantino” di Porto Salvo e Vibo Marina, un collaboratore di giustizia ritratta tutto mentre un altro arriva in aula armato. Il testimone di giustizia Pietro di Costa, chiamato a testimoniare dal pm della Dda di Catanzaro, Pierpaolo Bruni, prima rifiuta di essere accompagnato dalla scorta ed arriva in auto da solo da Tropea, poi si porta con sé un arma, dice di aver avuto paura per la sua incolumità. Arrivato nell’atrio del tribunale Di Costa è stato prima accompagnato in questura a consegnare l’arma.
Ma le sorprese non finiscono qui. Infatti, P.M., un imprenditore di Vibo Marina, proprietario di un chiosco di gelati, dopo aver raccontato, davanti ai carabinieri che hanno messo a verbale, nei minimi dettagli le minacce e i ricatti subiti dal clan tripodi, oggi ha ritratto tutto dichiarando di aver passato un periodo particolarmente difficile e di aver inventato tutta la vicenda perché disperato dopo due attentati alla sua attività commerciale. A confermare le accuse, invece, il collaboratore di giustizia Domenico Cricelli, che ha parlato degli accordi di diversi Comuni vibonesi con il boss Francesco Mancuso.
P.M è stato più volte Invitato dal presidente del Tribunale collegiale di Vibo Valentia, Lucia Monaco, a dire la verità poiché la legge punisce i testi falsi o reticenti, alla fine della posizione lo stesso Tribunale ha disposto la trasmissione dell’intera deposizione.