I giudici non si sarebbero basati sugli atti inviati dalla Procura, atti invece su cui il collegio giudicante avrebbe dovuto valutare. Una svista non di poco conto per la distrettuale che ha depositato l’appello nel Palazzo di giustizia della città pitagorica contro le assoluzioni pronunciate il 22 settembre dell’anno scorso nei confronti dell'ex sindaco di Isola Capo Rizzuto Carolina Girasole e del marito Franco Pugliese dalle accuse di voto di scambio politico-mafioso, turbativa d'asta e abuso d'ufficio. 

 

Quello stesso giorno sono stati assolti dall'accusa di voto di scambio anche Massimo e Pasquale Arena, figli del boss Nicola. Da quella di turbativa d'asta, scagionati  l'ex assessore all'Agricoltura di Isola Domenico Battigaglia e il funzionario comunale Domenico Calabretta. Da quella di abuso d'ufficio e turbativa sono stati assolti anche Pasquale Arena e Paolo Lentini. Per turbativa d'asta sono stati condannati a 3 anni e sei mesi ciascuno il boss Nicola Arena, il figlio Massimo e i presunti prestanome Antonio De Meco e Antonio Guarino. Dall'accusa di associazione mafiosa sono stati assolti Nicola Arena e i figli Massimo e Pasquale e Francesco Ponissa. Ma torniamo al capo di imputazione incriminato nell’atto di appello.  Il Tribunale recita questo capo di accusa: “Per ottenere voti effettivamente reperiti ed assicurati dalla cosca  in misura di almeno 1350 , (milletrecentocinquanta) con l’accordo raggiunto, tra Pugliese Franco e Girasole Caterina da un lato e Arena Massimo e Arena Pasquale dall’altro, qualora eletti, di futuri favoritismi ed agevolazioni in favore della consorteria di ‘ndrangheta da parte del sindaco e della sua amministrazione” aggiungendo però quel in misura  di almeno 1350 , (milletrecentocinquanta) che non compare nella richiesta della Procura. Una svista che il pm appellante considera grave in sé, “forse mediato da una pigra e non consentita lettura degli atti cautelari del procedimento” influente per la decisione.  Ma ad essere stati travisati non sono solo i capi di imputazione,  ma anche il contenuto complessivo delle intercettazioni  lette in maniera arbitraria e non contestualizzate.

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I RAPPORTI PARENTALI TRA GLI ARENA E IL MARITO DELLA GIRASOLE

Per escussione diretta degli ufficiali di polizia giudiziaria e attraverso prove documentali sono stati dimostrati alcuni legami parentali tra la famiglia Arena e l’imputato  Franco Pugliese, marito del sindaco Girasole. La sorella Antonia Pugliese è sposata con  Francesco Arena, figlio di Raffaele Arena, fratello del capo cosca Nicola Arena). Per quanto riguarda poi l’imputato Massimo Arena , già accusato per fatti di associazione mafiosa  nel  1998 – trovandosi in stato di semi-libertà proprio in virtù della condanna per associazione mafiosa - dal 01 maggio al 15 ottobre risulta assunto dalla S.N.C. di  Carmela Piscitelli che a sua volta risulta sposata con Rosario Mario Pugliese. Entrambi sono indicati negli atti come i genitori di Francesco Pugliese,  coniuge di Carolina Girasole. Dalle carte risulta che in data 06 novembre 1998, allo stesso Massimo Arena è stato  revocato lo  stato di semi-libertà proprio in virtù della sua assunzione da parte dei genitori di Pugliese. Dati, che a parere del pm della distrettuale Domenico Guarascio, seppure strettamente indiziari, pongono però seri limiti invalicabili quanto ai rapporti di reciproca conoscenza fra le parti e quanto alla reale comprensione degli scambi avuti fra gli stessi. Risulterebbe insensato ritenere che  Pugliese o la Girasole nel momento in cui si rapportarono con gli  Arena ne sconoscessero la loro capacità criminale o la loro biografia penale.

 

LE INTERCETTAZIONI TRAVISATE


Secondo la Procura distrettuale di Catanzaro, non esiste pagina della motivazione in cui il Tribunale abbia scorto la chiarezza della conversazione in cui Massimo Arena, infastidito dalle dichiarazioni del sindaco sulla cosca Arena dopo che la stessa però  tramite  Arena Pasquale dipendente comunale e  tramite il marito della Girasole aveva ricevuto sostegno elettorale dalla famiglia Arena così si esprime  nella sentenza. Nella motivazione della sentenza si legge: “Orbene, riportati i tratti significativi della conversazione, ritenuta dalla pubblica accusa tra le principali prove del fatto contestato, dal tenore della stessa si evince, in primo luogo, l’evidente fastidio di Massimo Arena per i contenuti dell’intervista rilasciata dal sindaco, che, proclamandosi come sindaco “anti mafia”, avrebbe addirittura paragonato il territorio di Isola a Corleone. Inoltre, dal tenore della conversazione non emerge con chiarezza che il sindaco o il marito abbiano chiesto voti agli interlocutori”.  Un’affermazione  per la Procura che stride con la più lampante delle conclusioni.

 

Nella conversazione in esame infatti Massimo Arena nel parlare con lo zio è totalmente preciso rispetto alla circostanza: “Massimo Arena: ma perché, noi non ci possiamo unire tutti?...non gli possiamo dire che glieli abbiamo dati i voti? Carmine Arena: ma è venuto che glieli hai dati? Massimo Arena: eh! Carmine Arena: da me non ci è venuto. Massimo Arena: il marito è venuto davanti al bar “mi raccomando” qua e là, tummiti…proprio il marito. Carmine Arena: prova  a parlare, perché non lo vai a chiamare il marito di questa? Io andrei a dirglielo. Massimo Arena: una volta! Carmine Arena: glielo hai detto? Massimo Arena: che dice che tiene la Prefettura caricata addosso… e lui non può fare niente. Massimo Arena  è talmente preciso-  si legge nell’appello-  rispetto all’appoggio elettorale richiesto che è proprio lo zio a suggerirgli di andare a ricordare al marito della Girasole la circostanza. Che senso avrebbe infatti tale “suggerimento” se il marito non si fosse mai recato dagli Arena in vista delle elezioni amministrative. “Se infatti risulta vero che il marito non si recò da Carmine Arena (zio dell’imputato) personalmente a richiedere i voti, altrettanto veritiera è invece la circostanza (e non po’ non essere tale) che il Pugliese si recò dall’imputato Massimo Arena proprio per raccomandare l’appoggio della famiglia Arena nell’elezione. Probabilmente il Tribunale – commenta la Dda con ironia-  lo ha scordato ma emerge dalle risultanze dibattimentali e per stessa ammissione dell’imputato Massimo Arena - che a più riprese rendeva spontanee dichiarazioni - come lo stesso gestisse un bar all’interno del Comune di Isola Capo Rizzuto.  “La veemenza dei due congiunti rispetto agli “strali” o “strazi” (che nella lingua italiana trova il suo sinonimo in piagnistei) del sindaco Girasole si comprende a pieno proprio perché legata alla precedente ricerca dei voti da parte del Pugliese per conto della moglie. Commentando le dichiarazioni sui giornali della Girasole infatti i due congiunti così si esprimono, subito prima di ricordare quando il Pugliese si recò personalmente da Massimo Arena per la ricerca dei voti: Carmine Arena: può parlare così, è una puttana, una bastarda... tuo padre? Massimo Arena: papà non ne parla proprio che gli viene il vomito di questa qua, l’altra volta ha parl... da mò... un cacato Carmine Arena: non tiene vergogna Massimo Arena: un cacato, vi dico un cacato... e oggi quando faceva RAI 3 c’era... vedete che l’avrà vista qualcuno, pure Mariolina qualcuno, chiedete stasera... il marito gli faceva l’applauso Carmine Arena: il marito? Massimo Arena: sì seduto là vicino a lei... brava brava gli faceva (si sente battere le mani)... lo zio? Ma è una cosa incredibile questa”. Se il Tribunale non avesse parcellizzato le fonti di prova si sarebbe accorto di un’altra intercettazione , quella in cui lo storico capocosca Nicola Arena (il “tuo padre?” additato da Carmine Arena) dialogando sempre con l’imputato Massimo Arena, suo figlio ed altro soggetto dipendente comunale e vicino alla famiglia Girasole, tale Francesco Notaro, affermava. “non pensare le chiacchiere... se il sindaco poteva fare qualcosa per me...FRANCESCO: che poi.. NICOLA: ... la faceva .

Esiste  una successiva conversazione completamente omessa nel tessuto motivazionale della sentenza impugnata.

La pubblica accusa, sempre in riferimento all’ipotizzata collusione del sindaco e del marito Francesco Pugliese con gli Arena  ha allegato prova dai quali emerge senz’ombra di dubbio la sosta, avvenuta con una certa frequenza nel periodo di tempo a ridosso dell’08.11.2010 (data prevista per la frangizzollatura dei finocchi), del Fiat Doblò,  usata da  Massimo Arena nei pressi del Fai da Te gestito da Francesco Pugliese. Conversazione intervenuta tra Massimo e Nicola Arena e nemmeno commentata dal Tribunale:

Massimo Arena: non gli ha detto nessuno niente, l’hai capito no?

Nicola Arena: questo a Pasquale non glielo dobbiamo dire

Massimo: ah?

Nicola: ci ha dittu di’mei propria... e quello mi sta facendo questo.

Massimo: hai visto le lettere? Ti ha mostrato la lettera.

Nicola: ma dopo che glielo abbiamo detto.

Massimo: dopo che glielo hai detto prende e ti ha mostrato la lettera.. questo che avevano fatto mò è un altro...

Nicola: che io non mi parlo... che sta dicendo questo ...sta iendu con l’avvocato a la... a dirgli che lui quando ci ha ricotu i voti... quello che ho saputo eh

Massimo: non è vero

Nicola: a me non me ne frega niente... a mio figlio...

“Di nuovo qui si menziona Pasquale e di nuovo qui si menziona “l’avvocato” ed il fatto che Pasquale deve ricordare “di quando ci ha ricotu i voti”. Circostanze tutte rilevantissime e ridondanti- secondo quanto si legge nel corposo atto di appello-  nel corso delle intercettazioni di cui il giudice di prime cure nemmeno si avvede nella lettura complessiva delle risultanze istruttorie, ritenendo addirittura mancanti le captazioni del carattere della univocità e della chiarezza”.

Gabriella Passariello

 

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