La Corte di Appello di Bologna «ha ribadito l'esistenza e l'operatività della 'ndrangheta nel territorio emiliano, con conferma per tutti gli imputati (cui era contestato) del delitto di associazione mafiosa». Lo ha detto la procuratrice generale reggente Lucia Musti, che ha sostenuto l'accusa insieme alla pm della Dda Beatrice Ronchi, dopo la sentenza del processo di appello Grimilde per i 40 imputati che hanno scelto il rito abbreviato.  

Diverse le pene ridotte e vi sono state anche alcune assoluzioni. Al centro del processo anche le infiltrazioni mafiose al Comune di Brescello, unico ente locale ad essere sciolto per tali motivazioni in tutta la regione. 

La condanna per Giuseppe Caruso, ex presidente del Consiglio comunale di Piacenza è passata da 20 anni a otto anni e due mesi per alcuni reati e quattro anni per un'altra imputazione; per Salvatore Grande Aracri, uno dei figli del boss Francesco, la condanna passa da 20 anni a 14 anni e quattro mesi. I giudici hanno poi disposto la trasmissione degli atti alla Procura per alcuni imputati, in particolare per tre in relazione al reato di associazione mafiosa, tra cui Rosita Grande Aracri, la cui pena è stata rideterminata in due anni.

«Si registrano altresì - ha aggiunto Lucia Musti - talune assoluzioni per posizioni minori, anche in relazione alla esclusione dell'aggravante mafiosa, che ha comportato la dichiarazione di prescrizione dei reati. È stato inoltre riconosciuto un complesso reato di truffa con ingente danno nei confronti dello Stato, il cosiddetto Affare Oppido, corale espressione della consorteria mafiosa». Sull'affare "riso Roncaia", ci sono state assoluzioni che, per Musti «appaiono il frutto di una diversa lettura della Corte con riguardo alle persone offese per le quali, dalla lettura del dispositivo, parrebbe ipotizzarsi una partecipazione alla associazione mafiosa». La Procura generale «attende rispettosamente la motivazione della Corte e prenderà atto delle future determinazioni della Direzione distrettuale antimafia».

Assolti dai reati di cui erano accusati Francesco Berlingeri, Simone Bologna, Ivan Catellani, Franca Valla, Filippo Mattiolo, Nicolino Grande Aracri (che in questo processo aveva una posizione minore), Rosetta Pagliuso, Rossella Lombardo, Domenico Parrinelli, Donato Clausi e Monica Pasini (questi ultimi due difesi dall'avvocato Fausto Bruzzese).