La prima sezione penale della Corte d'Appello di Catanzaro, composta dai giudici Adriana Pezzo, Ippolita Luzzo e Teresa Reggio, ha emesso la sentenza di secondo grado del processo Frontiera, l'inchiesta che all'alba del 19 luglio 2016 decimò la cosca Muto di Cetraro. Sostanzialmente, il quadro resta immutato rispetto alla sentenza di primo grado. Il processo appena concluso è stato celebrato con rito abbreviato.

Le decisioni dei giudici

Per Giulio Caccamo e Emanuel La Scaleia i reati sono stati riqualificati riconoscendo ad entrambi le attenuanti generiche. Pertanto, per Caccamo la condanna scende a 1 anno, 6 mesi e 20 giorni (in primo grado la condanna era stata 3 anni e 8 mesi), mentre per La Scaleia la pena scende a 2 anni (in primo grado la condanna era stata 4 anni). Reato riqualificato anche per Mara Muto, figlia del boss Franco Muto, che passa dagli 8 anni e 4 mesi del primo grado ai 7 anni inflitti in Appello. Sconto di pena anche per Carmelo Valente, che passa da 14 anni e 8 mesi a 14 anni.

«Confermata nel resto l'impugnata sentenza», è scritto nel documento. Quindi, condanne confermate per: Pietro Calabria, 5 anni e 10 mesi; Fedele Cipolla, 4 anni; Franco Cipolla, 14 anni e 8 mesi; Angelina Corsanto (moglie di Franco Muto), 9 anni; Alessandro De Pasquale, 12 anni; Gianfranco Di Santo, 7 anni e 6 mesi; Giuseppe Natale Esposito, 5 anni e 8 mesi; Giuseppe Fiore, 9 anni e 4 mesi; Antonietta Galliano, 1 anno e 4 mesi; Guido Maccari, 17 anni; Giuseppe Montemuro, 3 anni e 4 mesi; Luigi Muto (figlio di Franco Muto), 15 anni e 4 mesi; Sandra Muto (figlia di Franco Muto) 1 anno e 4 mesi;  Carmine Occhiuzzi, 4 anni; Andrea Orsino (genero di Franco Muto), 8 anni e 4 mesi; Alfredo Palermo, 10 anni; Valentino Palermo, 7 anni; Vittorio Reale, 7 anni e 8 mesi, Luigi Sarmiento, 2 a e 8 mesi; Salvatore Sinicropi, 14 anni e 8 mesi.

Per il capo cosca inizia adesso il processo d'Appello

Franco Muto, che gli inquirenti indicano come il capo dell'omonima cosca di 'ndrangheta operante nel territorio del Tirreno cosentino, ha scelto di essere processato con rito ordinario e per lui il processo d'Appello è agli inizi. Lo scorso 4 luglio, al termine del processo di primo grado, celebrato al tribunale di Paola, era stato condannato a 7 anni e 8 mesi per il reato di elusione della confisca, per i quali i giudici avevano riconosciuto anche l'aggravante mafiosa. Fu assolto, invece, dall'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Per tale circostanza, il 78enne cosentino è stato scarcerato (si trovava rinchiuso in regime di 41 bis al carcere milanese di Opera) e posto ai domiciliari nella sua casa di Cetraro.