Dopo due anni di dibattimento e di attesa e quaranta anni senza giustizia, il 17 gennaio verrà finalmente emessa la sentenza del Processo Condor che riguarda il sequestro e l'omicidio di 42 giovani, tra cui 20 italiani e diversi calabresi, avvenuti in Cile, Argentina, Bolivia, Brasile e Uruguay tra il 1973 e il 1978. Decine i testimoni, gli esperti, i familiari e i compagni di prigionia delle vittime ascoltati. 34 gli imputati, appartenenti alle più alte gerarchie dei regimi militari.

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Il processo prende il nome dal sistema “Condor”, ordito per eliminare qualunque forma di opposizione e dissidenza negli Stati dell’America Latina in cui all’epoca erano state instaurate dittature militari. Quello che venne messo in piedi fu un vero e proprio terrorismo di Stato, portato avanti tramite il braccio armato, la tortura e l’omicidio ma, soprattutto, con la sparizione forzata degli oppositori politici.

 

È solo nel 1992 che vennero ritrovati alcuni documenti della polizia del Paraguay, rimasti alla storia come “gli archivi del terrore”. Oltre 700mila pagine contenenti documenti e foto di oppositori politici uccisi, torturati e scomparsi, ma anche le prove della collaborazione tra le giunte militari.

 

Tra gli imputati al processo spiccano i nomi dei generali cileni Manuel Contreras, capo della polizia segreta del dittatore Pinochet e Sergio Arellano Stark, comandante della famigerata “carovana della morte”, entrambi deceduti durante le udienze. Importante anche la figura di Jorge Troccoli, cittadino italo-uruguaiano accusato del sequestro e dell’omicidio di 25 uruguaiani sequestrati in Argentina tra il 1977 ed il 1978.

 

Tiziana Bagnato