«Mai ricevuto minacce da Mimmo Lucano». Se non è un colpo di scena poco ci manca perché a dichiararlo è Francesco Ruga, uno dei testi dell’accusa nel processo in corso a Locri a carico dell’ex primo cittadino di Riace, accusato in concorso con altre 28 persone di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e truffa sulla gestione dei progetti di accoglienza agli immigrati. Ruga all’epoca dei fatti contestati gestiva un negozio di generi alimentari a Riace. E su una sua denuncia alla Guardia di Finanza si fonda parte dell’impianto accusatorio. Il commerciante, rispondendo alle domane del pubblico Ministero Michele Permumian, ha spiegato in aula il sistema dei bonus. «Erano pezzi di carta che usavano i migranti come moneta di vario valore, ma se dovevo cambiarli mi chiesero di fatturare detersivi. Ho detto di no, perché a me quei soldi servivano e ho deciso di denunciare. La mia rabbia – ha rimarcato il teste - è solo contro Capone per le minacce ricevute. Con Lucano il rapporto era tranquillo. Mi aveva vietato di prendere i bonus, perché nessuno me li avrebbe pagati».

In via preliminare l’avvocato Andrea D’acqua, facendo proprie le argomentazioni che erano già state prospettate dallo stesso unitamente all’avvocato Antonio Mazzone nelle scorse udienze (in memoria del quale è stato osservato un minuto di raccoglimento), aveva eccepito la questione relativa alla qualifica giuridica da dare a Ruga, che a suo parere non sarebbe affatto quella di testimone, ma di imputato in procedimento connesso, avendo emesso fatture per operazioni inesistenti. Il pm dal canto suo ha invece ritenuto corretta la veste giuridica di escussione di Ruga come teste, evidenziando come Città Futura era ente no profit e che il pagamento che veniva effettuato nei confronti di Ruga era alimentato da fondi pubblici dello Sprar e del Cas e non dell’associazione. Per tali motivi l’ufficio di Procura non ha provveduto ad iscrivere Ruga nel registro degli indagati.

Nel corso dell’udienza è stato sentito anche un maresciallo della Guardia Finanza, il quale nel corso delle indagini ha accertato l’assenza del permesso di soggiorno a carico di 2 cittadini eritrei a cui il comune di Riace aveva rilasciato i documenti d’identità. «Le decisioni sul rilascio dei documenti le prendeva Lucano – ha detto in aula una dipendente dell’ufficio anagrafe riacese, in qualità di teste - noi chiedevamo il permesso di soggiorno e residenza mentre lui chiedeva di fare i documenti anche in assenza di permesso di soggiorno».

Intanto il pm Permumian ha annunciato di aver depositato un’attività integrativa di indagine su accertamenti patrimoniali dell’associazione Città Futura. Il processo riprenderà il prossimo 1 febbraio.