Secondo l’inchiesta dell’ufficio guidato da Nicola Gratteri, Annamaria Mangiola e Maria Saveria e Fortunata Modaffari si sarebbero rivolte alla Trustcom per effettuare una compravendita fittizia e salvare i proventi illeciti da sequestri e misure preventive
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Prima l’inchiesta della Procura di Reggio sui falsi corsi di formazione, mai riconosciuti dal Miur, che avrebbero spillato soldi a centinaia di persone. Poi l’accusa di trasferimento fraudolento di valori per cercare di sottrarre i profitti illeciti a sequestri e misure di prevenzione.
Nella recente inchiesta della Procura di Napoli, guidata da Nicola Gratteri, sono finite anche Annamaria Mangiola, romana, 58 anni, e le figlie Maria Saveria Modaffari, 38 anni, e Fortunata Giada Modaffari, 33 anni, entrambe nate a Reggio Calabria. Sono tutte e tre indagate nell’indagine che ha sgominato una grossa centrale del riciclaggio che aveva come clienti anche professionisti come studi medici, veterinari, professionali (anche legali).
Le tre indagate, stando alle accuse, in qualità di proprietarie effettive dei beni e mandanti, il 29 gennaio 2021 avrebbero intestato fittiziamente alla società Ethodos Ltd, con sede legale a Londra e domicilio fiscale in Milano, immobili di proprietà situati in Calabria, più altri due immobili che si trovano a Roma. Lo scopo sarebbe stato quello di «eludere i sequestri, le misure di prevenzione patrimoniale del Tribunale di Reggio Calabria, e di agevolare la commissione di reati di riciclaggio».
Ma procediamo con ordine.
Il gruppo della Trustcom
L’attività svolta dalla Guardia di finanza «ha consentito di appurare l’esistenza e la piena operatività – è scritto nei faldoni dell’inchiesta –, nell’area di Portici ed Ercolano, di una un’associazione per delinquere a carattere transnazionale — facente capo a Michele Scognamiglio, Marco Spinola, Gianluca Giordano, Rita Gargiulo e Concetta Maisto — finalizzata al riciclaggio, all’autoriciclaggio e reinvestimento di proventi illeciti, all’anonimizzazione di capitali e all’evasione fiscale». Tutti fanno parte del gruppo della Trustcom.
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La vicenda Modaffari: i finti corsi di formazione
Il sette aprile 2022 madre e figlie sono state tratte in arresto, su ordinanza del gip di Reggio Calabria con l’accusa di associazione per delinquere, truffa e falso. In sostanza, dice l’inchiesta della Procura di Reggio, dietro la parvenza di un finto centro di formazione internazionale, “Unimorfe”, falsamente riconosciuto e convenzionato con enti pubblici ed università italiane e straniere, si sarebbe celata un’associazione per delinquere, stabile e strutturata, attiva fin dal 2016 a tutt’oggi, finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati-fine (quali truffe, falsi ed autoriciclaggio), che sarebbe riuscita ad accumulare proventi delittuosi per milioni di euro, raggirando decine e decine di vittime. Le indagini, infatti, sono state avviate proprio per verificare le denunce, presentate all’autorità giudiziaria, da persone truffate che avevano frequentato alcuni corsi offerti dal centro di formazione, ma i cui titoli erano stati ritenuti non validi nell’ambito di procedure valutative del personale, all’interno di Pubbliche amministrazioni.
In particolare, Fortunata Giada Modaffari avrebbe gestito uno “pseudo ufficio legale” del centro di formazione “Unimorfe”, falsamente accreditato presso il Ministero dell’istruzione e del Merito (Miur).
Il mercato del falso
«L’indagine avrebbe portato alla luce un vero e proprio mercato del falso – ricorda il gip di Napoli – attivo su tutto il territorio nazionale e nei settori più disparati della formazione, messo in piedi da Mangiola Annamaria e dalle due figlie Modaffari Maria Saveria detta “Mary” e Modaffari Fortunata Giada detta “Nella”, truffando centinaia di persone con corsi di formazione falsamente convenzionati con il Miur».
Questo procedimento penale attualmente pende a dibattimento davanti al Tribunale di Reggio Calabria.
Gestire i soldi dei finti corsi di formazione grazie a Truscom
La vicenda si sposta a Napoli nel momento in cui madre e figlie pianificano «l’istituzione di una sede virtuale estera finalizzata al trasferimento di capitali all’estero». In altre parole l’obbiettivo era quello di gestire i profitti accumulati grazie ai falsi corsi di formazione. Parte di questo denaro è stato reimpiegato nell’acquisto di immobili a Roma.
A questo punto le donne si sarebbero rivolte al gruppo Trustcom composto da Michele Scognamiglio, Marco Spinola, Gianluca Giordano, Rita Gargiulo. Lo scopo era quello di trasferire denaro e beni immobili attraverso la costituzione di società veicolo.
Il copione – scrive il gip – anche nel caso Modaffari, era il solito: «Conti lituani, società estere fittizie, rappresentanti legali teste di legno e/o inesistenti. Si sottolinea il fatto che le società hanno nomi che rimandano al mondo della Scuola e dell’Università; ciò al fine di far apparire legittimi movimenti di denaro privi di causa e finalizzati al riciclaggio».
Attraverso accertamenti sulle banche dati i finanzieri hanno appurato che il 29 gennaio 2021 i coniugi Modaffari-Mangiola hanno ceduto alla Ethodos Ltd 31 particelle immobiliari situate in Calabria, tra Condofuri, Bagnara e San Lorenzo e due a Roma.
La compravendita fittizia
Ma secondo gli inquirenti «si tratta, in effetti, di una vera e propria compravendita fittizia». Li chiamano i «conti calderone»: i soldi usati per l’acquisto degli immobili da questi conti calderone intestati alla Trustcom, attraverso una serie di giroconti, rientrano da dove erano usciti. E la finta compravendita è servita: gli immobili sono stati alienati ma i Modaffari Mangiola ne restano proprietari occulti.
Scrive il gip che gli elementi di indagine «inducono fondatamente a ritenere che dal 14 aprile 2021 al 30 ottobre 2021 il sodalizio oggetto di indagine abbia posto in essere il riciclaggio della somma di 726.550 euro proveniente dai pagamenti dei clienti truffati dai Modaffari…».
In cambio delle sue prestazioni illecite gli inquirenti ritengono che il gruppo della Trustcom abbia ricevuto il compenso di 146.000 euro.