Dovrà scontare 14 anni di reclusione, Alfonsino Ciancio, così per come era stato deciso il 28 novembre dello scorso anno dalla Corte d’Appello di Catanzaro che aveva escluso l’aggravante della premeditazione nel fatto di sangue e concesso le attenuanti generiche. La prima sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dallo stesso Ciancio, 30 anni, di Acquaro, ritenuto responsabile di concorso nell’omicidio di Giuseppe Cricri, ex candidato a sindaco del Comune di Dinami nelle amministrative del maggio 2013, ritrovato carbonizzato nella sua auto il 22 ottobre 2013. 

 

In primo grado, al termine del processo con rito abbreviato, Alfonsino Ciancio era stato condannato a 30 anni di reclusione. Era difeso dall’avvocato Salvatore Staiano. Le parti civili – ovvero i familiari di Giuseppe Cricrì – sono state invece assistite anche in Cassazione dall’avvocato Giovanni Vecchio.

Giuseppe Damiano Cricrì, 48enne di Melicuccà di Dinami, è stato ucciso e bruciato all’interno della sua auto nelle campagne di Acquaro. Secondo la tesi accusatoria, la vittima nel corso dell’incontro con Liberata Gallace, 52 anni, donna con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale poi troncata, era stato colpito al volto con un oggetto contundente (come acclarato dagli accertamenti medico-legali) così violentemente e ripetutamente da causargli la morte. 

Successivamente, la donna con l’ausilio del figlio, Alfonsino Cianciononché del nuovo amante Fiore D’Elia, aveva collocato il cadavere di Cricrì all’interno dell’autovettura della vittima stessa, sui sedili posteriori, trasportandolo in una stradina di campagna che si dirama dalla Sp 4 (Acquaro – Dinami) a Limpidi di Acquaro, località Petrignano. Qui, con della benzina procurata in precedenza, aveva dato fuoco al cadavere e al veicolo rinvenuti l’indomani carbonizzati. Il gip, in sede cautelare, aveva definito l’omicidio come di «inusitata crudeltà e spietatezza». 

 

La vittima

La vittima, Giuseppe Cricrì, avrebbe avuto una relazione sentimentale con Liberata Gallace, a sua volta separata ma ancora convivente con l’ex marito ed i tre tre figli. La donna non avrebbe accettato la fine della relazione con Cricrì per via di una donna romena. Da qui la vendetta orchestrata con l’aiuto del figlio e del nuovo compagno.

Gli altri coimputati Liberata Gallace, 53 anni, madre di Alfonsino Ciancio, e Fiore D’Elia, 65 anni di Gerocarne, l’11 giugno scorso sono stati condannati dalla Corte d’Appello di Catanzaro rispettivamente a 24 e 22 anni di reclusione. Le loro due posizioni devono ancora arrivare in Cassazione.