Il Tribunale amministrativo della Calabria ha rigettato il ricorso proposto dalla società Salteg per ottenere l'annullamento degli atti adottati dal Comune di Badolato volti a revocare la concessione demaniale sul porto turistico “Le Bocche di Gallipari".

 

Il 3 settembre scorso, infatti, l'amministrazione comunale (difesa in giudizio dagli avvocati Paolo Clarizia e Salvatore Staiano), infatti, aveva dichiarato la decadenza concessione accordata nel 1999 alla società la quale avrebbe dovuto realizzare i lavori di messa in sicurezza del porto. La società avrebbe, inoltre, omesso di versare il canone concessorio per diverse annualità.

 

Le estorsioni e i sequestri

La società privata aveva impugnato gli atti dichiarando di «essere stata vittima, negli anni, di estorsioni poste in essere a più riprese da esponenti delle cosche ‘ndraghetiste di Badolato, le quali, oltre ad aver portato la società sul lastrico, avrebbero impedito che questa mantenesse la diretta gestione del porto».

 

Nel ricorso, patrocinato dagli avvocati Rossella Laporta e Michele Gigliotti, vengono menzionati tre diversi procedimenti penali del 2004, del 2014 e del 2017 a dimostrazione «del persistente tentativo della ‘ndrangheta di condizionamento e infiltrazione nella gestione dell’attività portuale deducendone ulteriormente, che, a causa delle vertenze penali, il porto di Badolato è rimasto sequestrato dal 4 agosto 2004 al 6 maggio 2006 e dal 19 gennaio 2015 al 23 ottobre 2017 e che, pertanto la società non ha avuto la possibilità di completare i lavori ad essa demandati».

 

I lavori mai realizzati

Il Tar, tuttavia, ha rigettato il ricorso confermando come «la decadenza è stata innanzitutto pronunciata per mancata esecuzione delle opere prescritte nell’atto di concessione».

 

Si tratta, nello specifico, di opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, attività da realizzare a causa del periodico insabbiamento dell’imboccatura del porto. «Ancora nei verbali di riunioni tenutesi tra la società privata e l'amministrazione comunale il 10 ottobre 2018, il 16 ottobre 2019 e il 2 luglio 2020 - annotano i giudici amministrativi - la concessionaria ha sempre manifestato la propria disponibilità a porre in essere le opere. I lavori sono però rimasti ineseguiti, nonostante il Comune avesse concesso una proroga per il loro completamento sino al 30 giugno 2020».

 

Il rigetto del ricorso

Secondo la seconda sezione del Tribunale amministrativo «né le vertenze penali, né i sequestri, né le mareggiate, né le alluvioni possono aver impattato trattandosi di eventi antecedenti all’anno 2018, né le conseguenze dell’epidemia da Covid-19, giacché la società ha avuto a disposizione ben tre anni dalla contestazione dell’inadempimento per approntare i lavori».