Il presidente dell'associazione che riunisce i Comuni sollecita i sindaci a reagire al riparto del Fondo di solidarietà considerato iniquo: «Penalizzati i territori che già hanno pochi servizi»
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«L’Anci Calabria sarà al fianco dei Comuni che vorranno opporsi per via giudiziaria al riparto 2019 del Fondo di solidarietà comunale».
È netta la presa di posizione di Gianluca Callipo, presidente di Anci Calabria, che si fa così interprete della preoccupazione sentita da un sempre maggiore numero di sindaci calabresi, alle prese in queste settimane con il calcolo delle risorse sulle quali poter contare per l’erogazione di servizi essenziali, come quelli nei settori del Sociale e dell’Istruzione.
L’allarme nasce dalle pressanti conseguenze dei parametri di applicazione del federalismo fiscale, che rischia di aggravarsi in prospettiva con il regionalismo differenziato.
Callipo ha messo nero su bianco questi concetti in una lettera che ha inviato a tutti i primi cittadini calabresi, con l’intento di sollecitare una presa di coscienza collettiva sulla problematica.
«L’Anci Calabria - ha scritto - intende impegnarsi in un’azione che è innanzitutto politica, per una diversa e corretta applicazione del federalismo fiscale e in particolare del riparto del fondo di solidarietà comunale (Fsc). Il primo passo è quello di sensibilizzare le Amministrazioni locali sul tema, approfondendo gli attuali criteri di riparto del fondo, attualmente 45% in base al costo standard e 55% derivante dai trasferimenti storici».
Nella missiva, il presidente dell’Anci Calabria fa riferimento al Comune di Cinquefrondi, ultimo in ordine di tempo a sollevare il problema e a proporre ricorso al Tar contro il riparto del Fsc. Strada, quella del ricorso ai giudici amministrativi, già percorsa con successo dal sindaco del Comune di Cotronei (Kr), Nicola Belcastro, che nel 2018 ha vinto in via definitiva la causa intentata tre anni prima, nel 2015, quando impugnò il riparto nazionale del fondo di solidarietà comunale. Un precedente importante, che secondo Callipo dà ulteriore spessore alle rivendicazioni delle Amministrazioni comunali, soprattutto quelle del Sud che sono le più penalizzate dagli attuali criteri di determinazione dei fabbisogni standard.
Da qui la decisione di intraprendere una campagna di sensibilizzazione, «affinché i Comuni aprano gli occhi e si rendano conto che negli ultimi anni è stata messa in atto una graduale riduzione dell’azione di perequazione, con sempre minori possibilità per gli enti locali dei territori più deboli di ottenere le risorse necessarie a garantire i servizi indispensabili».
Secondo Callipo occorre reagire a questo stato di cose, facendo leva innanzitutto sulle norme costituzionali a tutela del principio di perequazione, sancito dall’articolo 119 della Carta.
«Senza fare riferimenti squisitamente normativi - spiega Callipo -, quel che accade si può sintetizzare così: ogni anno i Comuni ricevono le risorse in base ai servizi già erogati nell’anno precedente. Un meccanismo che penalizza i territori dove già i servizi sono carenti. Se, infatti, il costo standard è basso o addirittura pari a zero, come ad esempio nel caso di un Comune che non ha asili nido, non c’è alcuna speranza di ottenere le risorse necessarie per invertire la rotta. Va da sé che una situazione di questo tipo contraddice ogni reale obiettivo nazionale di perequazione, con il rischio che tutto diventi ancora più difficile con il regionalismo differenziato, che accentuerà ulteriormente il gap tra Nord e Sud».
Dunque, ecco l’esortazione finale di Callipo: «Ce n’è abbastanza per reagire anche in sede giudiziaria, iniziativa che, relativamente all’impugnazione della ripartizione dell’annualità 2019, stanno attuando alcuni Comuni con in testa quello di Cinquefrondi. L’Anci Calabria condivide in pieno questa battaglia e la porterà avanti soprattutto dal punto di vista politico, sollecitando i sindaci a entrare nel merito di criteri stabili negli anni passati da un Legislatore forse poco attento a garantire adeguata tutela ai territori più deboli. L’obiettivo è quello di far capire all’attuale Governo e Parlamento che tali criteri sono insostenibili, oltre che incostituzionali, quindi è necessario che vengano rivisti».