«Uno schiaffo morale allo Stato e alle sue articolazioni interessate, incapaci di risolvere un problema di viabilità». È il duro sfogo di Alfonso Picone Chiodo, agronomo dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, testimone diretto di un esempio di cittadinanza attiva che ha visto protagonisti alcuni cittadini volontari di Platì, impegnati a ripulire un tratto della Bovalino-Bagnara investito otto anni fa da una frana.

«La Bovalino-Bagnara – spiega – è una delle arterie più importanti e antiche della nostra provincia. Venne istituita nel 1928, col decreto legislativo n. 112 del 1998 la gestione passò dall’Anas alla Regione Calabria, che ha provveduto al trasferimento dell’infrastruttura (denominata SP 2) al demanio della provincia di Reggio Calabria. Consente di valicare l’Aspromonte mettendo in comunicazione la ionica e la tirrenica». 

«Nel recente passato si era anche cercato di velocizzare questo collegamento con un traforo che avrebbe dovuto attraversare la montagna ma rimase uno dei tanti progetti sulla carta. Tuttavia, soprattutto per gli abitanti di Platì, consente, in circa 15 km e 600 m di dislivello, un vitale collegamento con i piani di Zillastro, con la dorsale tabulare e con le aree dove si pratica, con fatica, allevamento e agricoltura. La strada, con numerosi e arditi tornanti e alcune gallerie paramassi, è un’arteria di montagna, soggetta a veloce “usura”, vulnerabile per le frequenti cadute di massi e quindi bisognosa di interventi di manutenzione costanti e importanti. Ma ciò avveniva sempre più raramente tanto che alcuni tratti erano divenuti una pista. I platioti, comunque, dopo le iniziali rimostranze, si erano rassegnati rischiando anche la vita su quel tracciato divenuto così pericoloso ma necessario».

Tutto ciò sino a quando 8 anni fa una frana di notevoli proporzioni, staccatasi da Puntone di Pendola, l’ha resa definitivamente intransitabile. Alle accese proteste seguirono da parte degli Enti competenti promesse di provvedimenti risolutori ma, in un continuo rinvio, non si ebbe alcun intervento. Ma la pazienza dei platioti ha un limite e, pochi mesi fa, hanno deciso di fare da sé. Autofinanziandosi, mettendo a disposizione uomini, mezzi e strumenti hanno ripristinato il tratto di strada franato.

«Prima dell’intervento – spiega Picone Chiodo – ero passato a piedi sul bordo della frana che si spalancava su di una enorme voragine e c’era da aver paura, come si può vedere dalle immagini. Va quindi riconosciuto ai platioti il coraggio nell’affrontare un obiettivo che chiunque avrebbe ritenuto impossibile da raggiungere e per il quale sono state necessarie competenze tecniche elevate».

«I platioti hanno infatti accolto l’invito di Umberto Zanotti Bianco, di circa un secolo fa. In una delle sue visite ad Africo, alle lamentele degli africoti per la mancanza di un ponte sull’Aposcipo, esclamò: “… ma che tra tutti i milleottocento quanti siete non si siano trovati dieci, venti uomini di buona volontà disposti a tagliare nei vostri boschi qualche albero d’alto fusto per … fare una passerella, questo è per me incomprensibile”. Trattandosi di un intervento non autorizzato la strada risulta ufficialmente chiusa. Ma si sa, in Italia, di cose strane ve ne sono tante» ha concluso l’agronomo reggino.