Le ruspe hanno abbattuto “La Nave”, storico ristorante di Pizzo chiuso dal 2017 dopo un sequestro per occupazione abusiva di suolo demaniale marittimo. Un’area di circa 400 metri quadrati finita al centro di una lunga disputa giudiziaria: da un lato il Comune (in una lunga fase gestito da una triade commissariale dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose) dall’altra gli eredi di Giuseppe Ceravolo, che quel ristorante lo ha costruito nel lontano 1956. Finisce così, tra i detriti quello che, in un modo o nell’altro, è un pezzo di storia del centro della Costa degli Dei. Senza proteste eclatanti, pure ventilate in passato dalla famiglia, si è consumata la demolizione.

Rita Ceravolo, sesta dei sette figli del defunto proprietario, protesta per ciò che quel luogo ha significato e significa ancora per la sua famiglia: «Siamo in questo locale dal 1956, lo ha costruito mio padre. Da otto anni siamo chiusi e viaggiamo da un Tribunale all’altro. Alla fine non è servito a nulla: hanno buttato giù 70 anni di storia. Non so perché sia successo, ma hanno distrutto una famiglia di “formiche lavoratrici” che si alzano la mattina presto per andare a lavorare».

Per Rita Ceravolo «oggi qui abbiamo avuto lo “Stato maggiore” non per inaugurare un’attività ma per distruggere una cosa bella, una struttura che si poteva salvare. Nessuno ha voluto aiutarci, ma noi abbiamo ancora un’ultima strada aperta, quella della Cassazione: vediamo cosa succede e poi capiremo di chi saranno le colpe».  

«Noi non siamo mafiosi – racconta la donna a LaC News24 –, siamo lavoratori e quello che abbiamo creato lo abbiamo fatto con i nostri sacrifici, faticando qui dentro dalla mattina alla sera. Siamo nati e cresciuti qui come i nostri figli e i nostri nipoti». L’ultimo pensiero è per suo padre: «Se fosse stato qui oggi non so cosa avrebbe fatto».