Hanno bussato alla sua porta prima dell’alba, e lui, Pietro Accorinti, convinto di aprire all’uomo che gli avrebbe dovuto portare il caffè, si è trovato davanti i carabinieri che hanno posto fine alla sua latitanza durata circa un anno. È stato arrestato senza avere modo di opporre resistenza, questa notte a Pernocari, frazione di Rombiolo, il 58enne fratello di Giuseppe Antonio Accorinti, alias Peppone, considerato il boss del Poro ed attualmente in carcere.

I carabinieri hanno commentato con soddisfazione l’arresto di Accorinti, che doveva scontare una pena definitiva a un anno e sei mesi per violazione della sorveglianza e altri reati predatori, e del suo complice, un muratore 50enne di Rombiolo, Giuseppe Petracca. Il motivo lo ha spiegato il comandante provinciale Bruno Capece: «Abbiamo restituito un pezzo di territorio alla cittadinanza onesta». L’importanza dell’arresto - ha aggiunto il colonnello dell’Arma nel corso della conferenza stampa - «risiede non tanto nella pena che Accorinti doveva scontare, quanto nel fatto che questi era il fratello libero di Giuseppe, che sappiamo chi è. Ci siamo avvalsi ancora una volta di un’eccellenza come lo Squadrone Cacciatori, e del prezioso lavoro sul campo dei carabinieri del Nucleo investigativo col fondamentale contributo operativo e di conoscenza del territorio delle stazioni di Rombiolo e Zungri. Sono risultati frutto di sacrificio personale, come ricordato in questa sede, qualche giorno fa, il procuratore Gratteri, e anche di grande sinergia, avendo noi a disposizione un pool di grandi magistrati e investigatori».

Il capitano Alessandro Bui, comandante della prima sezione del Nucleo investigativo, ha illustrato i dettagli della cattura: «Il periodo di latitanza lo ha trascorso quasi interamente in provincia, abbiamo motivo di ritenere che fosse pronto ad un altro spostamento, perché aveva una valigia pronta. Quando abbiamo visto l’auto accesa dell’uomo che stava per portargli il caffè è scattato il blitz. Non ha avuto modo di opporre resistenza, anche se aveva preparato una via di fuga dal retro, tramite una finestra».

L’uomo è stato ritrovato disarmato ma con in dotazione particolari apparecchiature in gradi di intercettare le comunicazioni di chi stava sulle sue tracce: «Era in possesso di uno scanner per radiofrequenze satellitari e un miniphone, di circa tre centimetri, per telefonare». Il capitano Nicola Alimonda, comandante della Compagnia di Tropea, ha ricordato «gli appostamenti e i rastrellamenti nelle zone di campagna, i cui movimenti sospetti ci hanno allertato. Già in passato - ha aggiunto - eravamo sulle sue tracce, ma oggi siamo riusciti a concretizzare l’operazione ricostruendo il filo rosso dei supporti alla sua latitanza». In conclusione, Capece, nel ringraziare il neo comandante della stazione di Zungri Vanessa Alfonso, ha chiuso con una dedica: «Anche questo arresto è per i cittadini onesti di questa terra».