È passato meno di un mese dai primi ritrovamenti di cinghiali morti nel reggino. Quattro carcasse risultate vittima della temutissima peste suina africana: malattia infettiva che non ha alcuna ripercussione per la salute degli esseri umani ma che è capace di stendere un maiale in una manciata di giorni. Ritrovate tra le valli dell’Aspromonte nei comuni di Reggio, Melito e Bagnara le prime bestie vittime del morbo – che si trasmette con il semplice contatto e che può essere trasportato anche a distanza di centinaia di chilometri – hanno convinto il presidente Occhiuto a varare una zona rossa in 26 comuni del reggino nel tentativo di arginare il contagio. Ma il rischio, temono gli allevatori, è che il provvedimento possa essere arrivato tardi.

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Nel territorio di Africo infatti – formalmente fuori dalla zona rossa istituita la settimana scorsa – i tecnici dell’Asp sono dovuti intervenire in due distinti allevamenti di maiali domestici dopo il ritrovamento di due animali morti. Si tratta dei primi casi in Calabria. Dopo la conferma delle analisi, l’inevitabile soluzione. Un centinaio i capi abbattuti e successivamente distrutti: prime vittime di una crisi che rischia di mettere in ginocchio un intero comparto.

Sono infatti più o meno 150 le aziende zootecniche nel Reggino che si occupano dell’allevamento e della trasformazione della carne di maiale: tra queste, tante realtà che si sono dedicate alle razze d’eccellenza come il maiale nero d’Aspromonte, allevato allo stato semi brado tra le valli della montagna. A queste vanno aggiunti poi oltre 4000 “allevamenti” a carattere familiare che – dicono le statistiche  del dipartimento agricoltura della Regione – allevano maiali per uso quasi esclusivamente domestico, e la popolazione, in continuo aumento, dei cinghiali selvatici.

«Stiamo effettuando un censimento degli animali – filtra dall’Asp di Reggio – l’emergenza è di carattere nazionale e l’importante adesso è contenere il contagio e mitigare i danni. Abbiamo attivato la vigilanza, il protocollo è chiaro: si fanno le verifiche dopo le segnalazioni, si eseguono le analisi e in caso di positività alla peste suina si procede con l’abbattimento e la distruzione delle carcasse, come accaduto nei due allevamenti ad Africo».

Sono gli allevatori quelli che rischiano di più, anche se la situazione è molto complessa, e le direttive dell’ordinanza di Occhiuto potrebbero avere ripercussioni molto pesanti su tutte le attività economiche che gravitano attorno alle meraviglie della montagna e della campagna reggina.