La nuova puntata della rubrica ricostruirà il caso, ancora senza giustizia, del giovane ucciso a Serra San Bruno nel 2009. In onda oggi alle 13.30 su LaC Tv
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
“Pasquale Andreacchi – Il giallo del gigante bambino” è il titolo della nuova puntata di LaC Dossier, la rubrica di inchiesta ed approfondimento giornalistico a cura di Tiziana Bagnato e Pietro Comito, in onda oggi alle 13.30 su LaC Tv. Ricostruirà il caso inerente la scomparsa, l’uccisione e il ritrovamento dei resti di Pasquale Andreacchi, il diciottenne ucciso a Serra San Bruno nel 2009 sulla cui morte non vi è ancora giustizia.
Il giallo
Il codice genetico dell'assassino, forse, è celato in ciò che i poliziotti del Commissariato di Serra San Bruno recuperarono il 27 dicembre del 2009 in un boschetto nei pressi di via Corrado Alvaro, a Serra San Bruno, dopo la segnalazione di un cacciatore. Nessuno, però, quel codice l’ha mai cercato e comparato con il principale sospettato per il delitto, l’uomo con il quale il diciottenne serrese aveva contratto un debito per l’acquisto di un cavallo. L’uomo che nelle settimane precedenti la scomparsa avrebbe reiteratamente minacciato Pasquale.
I primi reperti
Il portafogli gettato per terra in quello stesso boschetto rivelò subito che quei frammenti ossei sparpagliati nello stesso luogo appartenevano al ragazzo inghiottito dalla lupara bianca due mesi prima. Nel portafogli c'erano la sua carta d'identità, una fotografia piegata in quattro parti, che ritraeva il giovane scomparso con due suoi amici, e poi un'altra foto tessera identica a quella apposta sul documento di riconoscimento, una chiave, una scheda telefonica Wind, una microcard da un giga byte, una tessera Enal, il biglietto da visita di un odontoiatra e un altro di un biscottificio. C'erano anche quattro fogli piegati e illeggibili perché bagnati, due supporti per schede telefoniche Wind e il ritaglio di una scatola di medicine.
Gli indumenti
C'era tutto questo materiale, sul quale non si sa se l'assassino o gli assassini abbiano lasciato tracce biologiche anche perché, nel corso delle indagini, tracce di Dna di persone diverse dalla vittima – come detto - non ne sono state cercate. C'era questo e non solo questo. C'erano, soprattutto, un pantalone scuro di marca Coolboy Jeans, una felpa nera con cappuccio al cui interno erano visibili ricche chiazze di capelli scuri e lisci e alcuni frammenti di vetro e uno di plastica, un paio di scarpe Diadora numero 47.
I resti organici
Le ossa invece, erano divise in dieci lunghe, dodici vertebrali, uno piatto e una mandibola con denti. Si aggiungevano a quelle rinvenute il 9 dicembre precedente in un cassonetto dell'immondizia, tra queste il teschio nel quale era evidente il foro provocato da un colpo di pistola di piccolo calibro, 6.35.
Indagini parziali
Le indagini tecnico-scientifiche, in pratica, si concentrarono esclusivamente per riconoscere oltre ogni ragionevole dubbio l'attribuzione dei resti umani al povero Pasquale Andreacchi e poco o nulla fu fatto sul rimanente materiale posto sotto sequestro. Sulle sim, su quella micro card, sugli altri reperti, a cominciare dagli indumenti. E così l'inchiesta naufragò, archiviata, dopo un anno, malgrado vi fosse un sospettato per il delitto, un movente plausibile ricondotto al debito per l'acquisto di un cavallo contratto dalla vittima con un pluripregiudicato delle Serre. Le massicce intercettazioni condotte dalla polizia non portarono a nulla, il metodo d'investigazione tradizionale fallì sull'onda della reticenza di diversi testimoni che videro e che, chiamati a riferire come fossero andati i fatti, tennero chiusa la bocca.
Inchiesta bis
L'indagine sull'omicidio Andreacchi fu archiviata il 13 ottobre del 2010. A più di due anni da allora, il procuratore Mario Spagnuolo e il sostituto procuratore delegato al caso riaprirono le investigazioni, conferendo nuove deleghe d'indagine allo scopo di tappare le falle della prima inchiesta e assicurare alla giustizia l'omicida del diciannovenne di Serra San Bruno ed i suoi possibili fiancheggiatori. Anche l’inchiesta bis non approdò a nulla. Era ripartita da quel cavallo, per il quale Pasquale, quand’era minorenne, avrebbe contratto un debito da 1.800 euro con un pregiudicato delle Serre. La chiave di tutto? Sottoposto a minacce e intimidazioni, non avrebbe saldato perché il denaro che attendeva da un’assicurazione non arrivava. Quello stesso cavallo, poco tempo dopo la scomparsa di Pasquale, morì apparentemente a causa di coliche. Così almeno avrebbe diagnosticato il veterinario. Morto per coliche, ma provocate da cosa al momento non è chiaro. Così come non è chiaro -se un altro episodio, questo avvenuto pochissimo tempo prima della scomparsa del giovane, sia o meno collegato al delitto: si tratta di un furto di cavalli subito dal maneggio gestito dalla famiglia Andreacchi. Restava, quindi, un principale indiziato, che però avrebbe agito in concorso con altri e che, in passato, sarebbe stato coinvolto in un’altra vicenda omicidiaria. Anche in quel caso la vittima fu uccisa con un colpo alla testa. Uccisa con un’arma corta di piccolo calibro, proprio come Pasquale Andreacchi.
Verità e reticenze
Al di là delle questioni medico-legali, era necessario ripartire da un dato. «Molti sanno, hanno visto, ma non vogliono parlare». Le dichiarazioni dei pochi che vollero raccontare tutto agli inquirenti, non si rivelarono sufficienti. In due verbali - del 12 e del 27 ottobre 2009 - ad esempio, anche una persona di famiglia spiegò di essere stata testimone degli scontri tra Salvatore Andreacchi e il pregiudicato in ragione di quel debito non ancora saldato. Scontri culminati con esplicite intimidazioni verbali. A consolidare il movente plausibile anche un cugino della vittima, testimone di «minacce di morte più volte esternate» nei confronti di Pasquale Andreacchi da quell'unico indiziato: «Pasquale mi devi i soldi del cavallo se vuoi camminare con i tuoi piedi». Particolari, questi, ribaditi nei verbali di sommarie informazioni del 12 ottobre del 2009 e del 21 gennaio del 2010.
Gli stranieri
Un ragazzo straniero, poi, il 29 dicembre 2009, addirittura disse di aver appreso del pestaggio subito da Andreacchi, la sera della scomparsa, ad opera del presunto assassino e del figlio di questi, e indicò in un connazionale un possibile supertestimone del delitto. Ne fece il nome, spiegò che aveva assunto un «atteggiamento preoccupato ed intimorito» al punto di lasciare l'Italia e far rientro nel paese d'origine. I carabinieri lo rintracciarono e a loro spiegò soltanto di essere a conoscenza della compravendita del cavallo e sostenne di non poter riferire null'altro in merito all'estinzione del debito e alla fine di Andreacchi.
Il pestaggio
L'episodio del pestaggio, d'altronde, era già emerso in un interrogatorio del 27 ottobre 2009, quando uno zio della vittima rammentò di essere stato avvicinato da una donna la quale lo informava che testimone oculare del pestaggio che precedette la scomparsa sarebbe stato un suo nipote all'epoca minorenne. La donna, raccontò lo zio di Andreacchi, avrebbe appreso dal minore che furono il pregiudicato e il figlio del pregiudicato ad aggredire Pasquale ai campi di calcetto. Poi la vittima sarebbe stata caricata su una macchina guidata da due uomini, che indossavano una maschera di carnevale, e fatta sparire. Convocati in Questura, però, né la donna né il nipote minorenne hanno confermato il racconto dello zio di Andreacchi. Probabilmente - sostengono gli investigatori, sulla scorta delle intercettazioni audio-video nella sala d'aspetto - avrebbero concordato una versione di comodo, intimoriti dalle conseguenze della verità.
Le mezze verità
Un'altra testimone, ancora, il 19 novembre del 2009, raccontò di avere appreso che la sera della scomparsa Pasquale Andreacchi fu visto in compagnia del figlio del pregiudicato col quale aveva contratto il debito per l'acquisto del cavallo. Una scena speculare rispetto a quella raccontata anche da un'altra testimone, che però non riuscì ad identificare il giovane che la sera dell'11 ottobre vide parlare con la vittima.
Gli indiziati
D'altronde, sia il pregiudicato che il figlio, convocati per raccontare la loro versione dei fatti, il 12 ottobre del 2009, confermarono l'esistenza del credito vantato nei confronti del ragazzo ucciso, ribadirono di averne più volte sollecitato il saldo, ma negarono minacce o diverbi. Ricostruzione identica a quella fornita da un amico dei due, il 29 dicembre del 2010. Molto più inquietante, invece, il racconto fornito dalla madre di Pasquale Andreacchi, Maria Rosa Miraglia che il 22 gennaio del 2010 mise a verbale in Questura che mentre si trovava nella sala d'attesa del Commissariato di Serra, alla presenza di un poliziotto, il pregiudicato indiziato dell'omicidio, alla sorella della vittima che gli chiedeva «tornami mio fratello», avrebbe risposto «voi datemi duemila euro sennò lo squaglio nell'acido».
Il vicolo cieco
Nulla di solido, comunque, fino ad allora. Ai carabinieri di Serra giunse anche una lettera anonima, che indicò un testimone sospetto il quale, una volta chiamato in Commissariato, non riferì nulla di rilevante. Poi si diede fondo alle notizie acquisite in via confidenziale, che indicavano in un altro pregiudicato della zona una delle persone ben informate sui fatti, consapevole anche della presenza di un testimone oculare del pestaggio e del rapimento di Pasquale Andreacchi. Rintracciato e convocato anche lui, non intese riferire nulla.
Ancora domande
Questo, in via generale, è ciò che è agli atti dell'indagine archiviata, poi riaperta, quindi di nuovo archiviata. Non è chiaro se siano stati acquisiti o meno i tabulati telefonici del principale sospettato e dei suoi fiancheggiatori, né che tipo di attività tecnica sia stata svolta sui reperti non organici sequestrati nel boschetto nei pressi di via Corrado Alvaro oggetto di un triplice sopralluogo del consulente medico-legale all'epoca incaricato dalla Procura. Reperti come quei frammenti di vetro e plastica rinvenuti nel cappuccio della felpa di Pasquale. Pasquale vittima di un delitto atroce, un barbaro omicidio che ha spezzato la vita di un bravo ragazzo, picchiato, seviziato, rapito, ucciso, abbandonato alla mercé degli animali selvatici.