Accolto dal prefetto di Cosenza Vittoria Ciaramella, e dalle massime autorità locali, sua eminenza Pietro Parolin è stato travolto dall'entusiasmo dei fedeli in attesa in piazza XV marzo  per l'arrivo del delegato pontificio inviato dalla Santa Sede per officiare all'ottocentenario della consacrazione della chiesa Matrice.

Alla presenza di tutti i sindaci dei comuni della diocesi il cardinale, dopo aver ringraziato per la festante accoglienza, ha salutato sul palco vescovo emerito monsiglor Salvatore Nunnari. Poi, prima dell'inizio delle celebrazioni, si è intrattenuto con i giornalisti.  

«Un data importante questa - ha dichiarato parolin - che ricorda gli 800 anni da quando la Cattedrale è stata consacrata ed è diventata certamente un centro di fede, ma anche un centro di importanza civile proprio per la dimensione sociale che ricoperto negli anni. Credo che oggi debba sentirsi in festa tutta la città».

«Il Papa ha sempre detto: dopo la pandemia non saremo più uguali, si potrà uscire migliorati o peggiorati. Difficile fare un bilancio anche perché siamo ancora in tempo di pandemia. Speriamo davvero che queste vicende così dolorose possano aiutarci a riscoprire i valori spirituali e sentirci tutti nella stessa barca, solidali gli uni con gli altri».

«La guerra è un'altra realtà dolorosissima, espressione di un mondo dove sempre meno ci riesce a capire e a comprendere. L'idea della fraternità, che anche il Papa ha proposto, è l'unico rimedio contro questi rigurgiti locali e di gruppo».

«Il Papa - ha poi aggiunto il cardinale Parolin - ha usato parole veramente forti per sottolineare l’assurdità di questa guerra. Naturalmente accanto al magistero così incisivo, c’è tutta l’azione umanitaria della Chiesa e i tentativi che si stanno cercando di fare anche a livello diplomatico da parte della Santa Sede che si è offerta di trovare una soluzione ma finora è rimasta a livello di offerta. Il Papa ha sottolineato che ci sono tanti conflitti e coinvolgono le persone più vulnerabili e per questo, quotidianamente, richiama alla responsabilità della comunità internazionale e di ciascuno di noi».