A perdere la causa dinnanzi a Tar non è stata soltanto la Regione Calabria, ma anche i Comuni di Tropea e Amendolara. Mentre a portare a casa il risultato insieme al Governo è stato anche il Comune di Reggio Calabria con il suo sindaco, Giuseppe Falcomatà.
È quanto emerge leggendo la sentenza del Tribunale amministrativo che oggi ha dichiarato illegittima l’ordinanza del presidente della Regione Calabria del 29 aprile 2020, n. 37. Provvedimento con il quale Jole Santelli ha iniziato (e perso) un vero e proprio braccio di ferro con Palazzo Chigi, consentendo già dal 30 aprile la ripresa dell’attività di ristorazione, non solo con consegna a domicilio e con asporto, ma anche mediante servizio al tavolo, purché all’aperto. Contro l’ordinanza calabrese, il Governo ha proposto ricorso dinnanzi al Tar, che oggi ha emesso la sua decisione.

 

Con il Governo

Al fianco del premier Giuseppe Conte e del ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, che negli ultimi 10 giorni ha tentato invano di convincere Santelli a ritirare l’ordinanza della discordia, si è schierato anche il Comune di Reggio Calabria, che ha chiesto e ottenuto l’intervento nel processo ad adiuvandum, ritenendo che il provvedimento regionale incide «in maniera grave sul diritto alla salute dei cittadini di cui è Ente esponenziale e che l’auspicato accoglimento del ricorso comporterà un indiretto ma rilevante vantaggio nei confronti del Comune di Reggio Calabria». «Tanto più - si legge nella sentenza - più che il Sindaco del Comune ha adottato in data 30 aprile 2020 l’ordinanza contingibile e urgente n. 44 con cui ha disposto l’applicazione, sul territorio comunale, esclusivamente delle misure adottate dal Governo».

 

Con la Regione

Diametralmente opposte, ma ritenute altrettanto legittime, le ragioni della costituzione in giudizio del Comune di Tropea (guidato da Giovanni Macrì, Fi) , che invece è intervento ad opponendum, per dare manforte alla Regione. Per giustificare il suo ingresso nel giudizio, la Perla del Tirreno ha fatto leva sulla forte vocazione turistica del suo territorio, «sicché la chiusura forzata degli operatori della ristorazione per attenuare i contagi da Covid-19 ha avuto effetti devastanti sull’intero comparto economico, essendo state azzerate le presenze turistiche per i mesi di aprile e maggio».
«La conservazione del provvedimento impugnato – si legge nella sentenza - rappresenta, in questo contesto, un vantaggio per la comunità di cui il Comune di Tropea è ente esponenziale, consentendo di riavviare le attività imprenditoriali».

Identico l’approccio del Comune di Amendolara – poco meno di 3mila abitanti in provincia di Cosenza, guidato dal sindaco Antonio Ciminelli, espressione di una lista civica – che ha sentito l’esigenza di costituirsi anch’esso in giudizio contro il ricorso del Governo: «L’interesse fattuale degli operatori della ristorazione alla conservazione dell’ordinanza regionale impugnata è, dal canto suo, evidentemente individuabile nella possibilità di riprendere le attività imprenditoriali».

 

Fuori il Codacons

Fuori dal processo è rimasto invece il Codacons, il cui ingresso ad adiuvandum è stato ritenuto inammissibile dai giudici amministrativi. Il Tar, infatti, nonostante abbia rilevato che dallo statuto dell’associazione si evince che persegue il fine di «tutelare con ogni mezzo legittimo, ivi compreso il ricorso allo strumento giudiziario, i diritti e gli interessi dei consumatori ed utenti», non ha specificato nella richiesta di costituzione «quale interesse, sussistente in modo omogeneo in capo agli associati, l’intervento è inteso a tutelare».

 

La soddisfazione di Falcomatà 

Soddisfatto il sindaco della città dello Stretto, Giuseppe Falcomatà: «ll nostro obiettivo - ha commentato - è quello di superare questa emergenza e ripartire subito, gradualmente e in sicurezza. L'ordinanza regionale, illegittima illogica e irresponsabile, rischiava di mandare all'aria tutto ciò che i Calabresi sono riusciti a fare fino ad oggi, rispettando le regole con grande senso di resposabilità». 

 

La voglia di esserci nonostante le spese

Fatte salve le prerogative degli Enti locali coinvolti, viene comunque da chiedersi a quale scopo appena tre Comuni (su un totale di 404 in Calabria), di cui uno solo, quello di Reggio, coincidente con un capoluogo di provincia, abbiano sentito l’irrefrenabile desiderio di partecipare a una diatriba che contrappone Governo e Regione, con gli inevitabili costi che la costituzione in giudizio comporta tra assistenza legale e spese di procedura.


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