La sezione civile del Tribunale di Roma ha condannato la società editrice del quotidiano milanese e il suo direttore responsabile, per aver diffamato e leso l’onore dell’ex sottosegretario allo Sviluppo Economico cosentino con la pubblicazione di 7 articoli nel corso del 2014. Al centro dell’azione risarcitoria, la vicenda tristemente nota del quotidiano calabrese L’ora della Calabria diretto all’epoca dei fatti dal giornalista Luciano Regolo
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Oragate, la vicenda che portò alla chiusura il quotidiano del gruppo Citrigno, “L’Ora della Calabria”, diretto all’epoca dal giornalista Luciano Regolo, e che travolse il senatore Tonino Gentile, il quale era stato appena nominato sottosegretario nel primo governo Renzi in quota Ncd, registra un nuovo punto a favore dell’ex senatore alfaniano. Dopo i proscioglimenti in sede penale, il Tribunale Civile di Roma ha disposto un risarcimento a favore del senatore Gentile da parte della società editrice de Il Giornale e del direttore responsabile Alessandro Sallusti. La vicenda che ebbe i contorni di un vero e proprio scandalo, occupò i rotocalchi dei giornali nazionali per mesi. Una gogna mediatica che, più che di fatti, si nutrì di succulenti retroscena, a danno del senatore Gentile, tra i quali, una registrazione tra lo stampatore del giornale Umberto De Rose e l’editore de “L’Ora della Calabria”, Alfredo Citrigno.
La telefonata divenne famosa, Alfredo Citrigno (figlio di Pietro, già editore di “Calabria Ora”, nome sostituito da “L’Ora della Calabria” nell’agosto 2013), infatti, la rese pubblica. La conversazione telefonica venne registrata dal direttore Luciano Regolo mentre De Rose spiegava all’editore Alfredo Citrigno di non pubblicare la notizia relativa ad un’indagine a carico di Andrea Gentile (le accuse nei suoi confronti sono poi tutte cadute), figlio del senatore Tonino. È quella la telefonata in cui De Rose parla del «cinghiale ferito che ammazza tutti» e dei guai, per la famiglia Citrigno, se la notizia fosse arrivata nelle edicole.
Il tempo e le indagini scagionarono definitivamente i Gentile da qualsiasi accusa. Tuttavia, il prezzo che il senatore Tonino Gentile dovette pagare, sul piano politico, fu salatissimo: pressato dalla tempesta mediatica, infatti, rinunciò ad entrare nel governo. Alle agenzie dettò una dichiarazione amara, nella quale però, impresse il danno che stava subendo per quella tempesta mediatica: «Lo stillicidio a cui sono sottoposto da diversi giorni e che ha trovato l'acme allorquando sono stato nominato sottosegretario alle Infrastrutture, mi ha portato a una decisione sofferta, maturata nell'esclusivo interesse del mio Paese e nel rispetto del mio partito».
Rientrò solo due anni dopo, grazie ad un rimpasto del Governo Renzi, incarico che, mantenne anche con il governo Gentiloni. Quando rientrò al Governo dichiarò, «Renzi ha sempre detto: "Gentile è stato un galantuomo, un signore". Se io non volevo, non mi dimettevo e nessuno mi poteva cacciare. La mia è una rivincita morale». E, infatti, Tonino Gentile, si dimise volontariamente, dopo essere stato, a causa della vicenda Oragate, il sottosegretario più breve della storia con le sue 72 ore.
Chiuse le indagini, ristabilito l’onore, il senatore Gentile, avviò una causa di risarcimento danni verso quelle testate che dimostrarono maggiore accanimento, tra queste, “Il Giornale” diretto da Alessandro Sallusti. La sezione Civile del Tribunale di Roma, il 7 novembre del 2018, ha dichiarato che Il Giornale e Alessandro Sallusti in 7 articoli firmati anche dal giornalista Iacobini, hanno diffamato e leso l’onore del senatore Antonio Gentile e condannato la società editrice e il direttore responsabile a risarcire il danno che sarà quantizzato in separata sede. Ha poi disposto la pubblicazione della sentenza nello stesso Giornale per due volte condannando in solido i soccombenti al pagamento delle spese processuali.