L’azienda catanzarese era rimasta coinvolta nell’inchiesta scattata nel maggio del 2017 e condotta dalla Dda di Catanzaro
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Il Tribunale di Catanzaro ha disposto l’immediata sospensione del provvedimento emesso lo scorso maggio dalla Prefettura di Catanzaro a seguito da quanto emerso dall’operazione “Jonny” e, di conseguenza, l’ammissione della Caruso Costruzioni S.p.a alla procedura di controllo giudiziario.
L’amministratore unico Alessandro Caruso, ex presidente di Ance Catanzaro – associazione che raggruppa i costruttori edili- (prontamente dimessosi proprio a seguito della vicenda), grazie all’adozione di tale misura potrà riprenderà regolarmente la sua attività.
La Caruso Costruzioni si è sottoposta volontariamente a procedura di controllo giudiziario, in modo da poter dimostrare la propria assoluta estraneità alla vicenda. Il Tribunale di Catanzaro ha accolto così l’istanza presentata dai legali della società, Giancarlo Pittelli e Saverio Sticchi Damiani.
Lo strumento del controllo giudiziario a iniziativa dell'imprenditore consiste nella nomina di un amministratore giudiziario che ha il compito di affiancare, per il periodo fissato dal Tribunale (nel caso di specie, due anni)-, l'imprenditore individuale o l'organo amministrativo nella società (che mantengono la gestione dell'impresa), trova concreta possibilità di operare solamente in riguardo ad imprese per le quali sia stata accertata una posizione di terzietà (sia nel senso di assenza di immedesimazione dell'impresa con soggetti o gruppi mafiosi e sia nel senso di mancato conseguimento di vantaggi o utilità).
In tale ambito, il controllo giudiziario assolve a una funzione di supporto all'impresa, nel mentre il Tribunale esprime una valutazione sulla capacità dell'impresa di poter attuare dall'interno essa stessa un’azione di bonifica delle eventuali anomalie.
L’impresa così ritorna a tutti gli effetti sul mercato e riacquista la sua capacità di partecipazione agli appalti pubblici e di stipulare contratti con la pubblica amministrazione, sotto la scorta di una sorta di “tutoraggio” degli organi societari, che rimangono in carica e nella pienezza dei poteri di amministrazione e gestione della società.
In altre parole, il Tribunale di Catanzaro ha ritenuto che la richiesta avanzata da Caruso Costruzioni fosse meritevole di accoglimento, “in quanto i fatti posti a fondamento della informazione interdittiva mafiosa, per un verso evidenziano una condizione di estraneità della società ricorrente rispetto alla consorteria mafiosa […] ovvero rispetto a imprese, a loro volta destinatarie di informazione antimafia interdittiva, con le quali l’azienda ha intrattenuto rapporti commerciali, e, per altro verso, rivelano un rischio di contaminazione , discendente da tali rapporti, di grado ridotto e modesto, eliminabile con la cessazione, ove non già avvenuta, dei rapporti di tipo economici intrattenuti con le suddette imprese, eliminazione la cui effettività può costituire oggetto di specifica verifica da parte dell'amministratore giudiziario”. -così si legge nel provvedimento dei giudici.
Nello stesso provvedimento si legge come “la segnalata forma di "protezione" attuata, secondo il racconto del collaboratore di giustizia, nei riguardi di alcuni cantieri in Catanzaro e da cui vorrebbe farsi discendere una sorta di permeabilità della società alle sollecitazioni provenienti da organizzazioni a connotazione mafiosa, appare essere messa in crisi da quanto segnalato dalla società nel ricorso al Tar, non contraddetto dalle altre parti, vale a dire la presentazione di numerose denunce per danneggiamenti e furti di materiale e attrezzature dai cantieri e la predisposizione di servizio di vigilanza a tutela dei cantieri stessi, da cui si ricava, in ogni caso, la determinazione della società di tutelare il proprio patrimonio attraverso il ricorso ad attività lecite”.
In ogni caso deve osservarsi che le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia fanno riferimento a vicende oramai datate ed il provvedimento impugnato non enuncia ulteriori situazioni da cui possa farsi discendere o anche solo prefigurare collegamenti della società con contesti mafiosi.