«Abbiamo registrato, alcune volte in diretta, le tensioni criminali tra le nuove leve dei Cacciola e i vecchi reggenti vicino al gruppo dei Grasso. Due famiglie che non esitavano ad usare le armi per affermare il potere criminale su Rosarno». Così il procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, durante la conferenza stampa, svoltasi nella sede del comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria dove sono stati esposti i dettagli dell’operazione “Ares”. Le accuse mosse nei confronti delle 31 persone coinvolte nell’indagini sono, a vario titolo,  quelle di associazione mafiosa, narcotraffico internazionale di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, intestazione fittizia di beni, estorsione, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, danneggiamento, minaccia, impiego di denaro beni o utilità di provenienza illecita, violazione degli obblighi della sorveglianza speciale. All’esito del blitz eseguito dai militari dell’Arma 24 persone sono finite in carcere mentre altre sette sono risultate essere irreperibili e sono attivamente ricercate.

 

«I due gruppi- ha affermato Bombardieri- avevano una serie di interessi economici, di natura illecita, che andavano dal traffico internazionale di sostanze stupefacenti di cui la cosca Cacciola si faceva referente per altre articolazioni criminali con importazioni di centinaia di chili di cocaina, e l’importazione di centinaia e migliaia di chili di hashish e marijuana dal Marocco attraverso la Spagna. Siamo riusciti a monitorare una serie di queste importazioni e anche una serie di reati in materia di armi». E proprio alcune armi sono state sequestrate dai Carabinieri durante l’esecuzione dei provvedimenti di fermi. Si tratta, in particolare, di un fucile a canne mozze calibro 12, un fucile mitragliatore “AK47”, una  mitragliatrice calibro 9 marca “Uzi”, una  pistola calibro 9, munizionamento vario tipo, caricatori ma, anche otto chili di  marijuana tre di hashish e 900 mila euro in contanti; tutto è stato sequestrato. Sigilli a svariati beni tra cui cinque imprese operanti nel settore della vendita a dettaglio dell’abbigliamento, un bar, un autolavaggio, tutte a Rosarno, e un’attività di spettacoli pirotecnici con sede a Vibo Valentia, per un valore di cinque milioni di euro.

Vuoto di potere e violenza sanguinaria

L’inchiesta “Ares” ha monitorato le dinamiche criminali dei due gruppi, vicini alle ‘ndrine Pesce e Bellocco, egemoni a Rosarno ed in tutta la Piana. Il vuoto di potere, creatosi a causa dei numerosi arresti che hanno coinvolto le due cosche, ha generato i contrasti tra i Cacciola e i grasso. Contrasti nati per la detenzione del potere mafioso e per la gestione dello spaccio e del traffico di droga. Il sedici settembre scorso poi, stando all’inchiesta dell’Antimafia, un “commando” capeggiato da Gregorio Cacciola, classe 1980, figlio di Domenico Cacciola (morto presumibilmente con il metodo della “lupara bianca”), ha tentato di sequestrare, per uccidere, in pieno giorno ed in pieno centro a Rosarno, Salvatore Consiglio. Quest’ultimo, considerato dagli investigatori uno degli emergenti della ‘ndrina Grasso è riuscito a sfuggire all’agguato. «Queste giovani leve- ha affermato Gaetano Paci, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, erano disposte anche a ricorrere alla violenza sanguinaria, agli omicidi, pur di conseguire una posizione egemonica. Il tentato omicidio di Salvatore Consiglio è un elemento- ha chiosato Paci- dimostrativo della volontà dei giovani Cacciola di voler assumere il vertice che loro volevano acquisire in tutte le attività proprie dell’organizzazione criminale e non solo all’interno dei Cacciola ma, in tutta la “società” di Rosarno».

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Il blitz dell'Arma

La “brama” del potere mafiosa e le fibrillazioni interne ai Cacciola hanno catturato l’attenzione dei Carabinieri del comando provinciale reggino e del Gruppo e della Compagnia di Gioia Tauro che da mesi indagano sulle due “anime” della ‘ndrina. «Quest’indagine è stata una bella prova per la capacità investigativa- ha dichiarato il colonello Giuseppe Battaglia, comandante provinciale dell’Arma, del Gruppo di Gioia Tauro istituito pochi giorni prima dell’agguato a Salvatore Consiglio. Abbiamo impiegato 300 uomini stanotte per l’esecuzione del blitz solo a Rosarno perchè c’è da considerare poi che alcune catture sono state eseguite nel resto d‘Italia. Su Rosarno, così come su tutta la Piana e il resto della provincia reggina c’è la massima attenzione e il massimo impegno dell’Arma per il ripristino della legalità e la sicurezza del territorio».