È morto schiacciato da un armadio nell’azienda in cui lavorava da 30 anni. Francesco Procopio aveva 57 anni, una moglie, Monica, e un figlio di soli 16 anni. Era il penultimo di dieci fratelli, provenienti dalla Calabria (la famiglia è originaria di Santa Caterina allo Jonio, in provincia di Catanzaro), che da anni risiedono e lavorano a Torino. Poco prima delle 9 di lunedì 31 marzo è arrivato in azienda (uno stabilimento di Orbassano che opera nel settore chimico e si occupa di rifiuti speciali), ha salutato un collega e poi si è diretto in un locale dismesso per controllare alcuni documenti. Era solo, nessuno ha sentito il tonfo dell'armadio blindato che gli è piombato addosso. I suoi occhiali si sono frantumati. Procopio non aveva nemmeno il telefono con sé. I colleghi lo hanno cercato per oltre un'ora prima di trovarlo a terra, sul pavimento, privo di vita. Un incidente che la famiglia Procopio non riesce a spiegarsi.

Il dolore della famiglia: «Una morte che si poteva evitare»

«Quell'armadio non avrebbe dovuto trovarsi lì. Non doveva trovarsi nel luogo in cui è stato posizionato. È possibile morire in questo modo? Io dico di no, e aggiungo che si sarebbe potuto evitare». Sono le 15:59 quando uno dei fratelli di Francesco, Rosario Procopio, esce dai cancelli della ditta. La Stampa raccoglie il suo sfogo e quello degli altri parenti: «Non ho parole. Era un armadio mal posizionato, non era fissato al muro, altrimenti non sarebbe caduto».

«Francesco era sempre attento» ripete la moglie, Monica. «Quell'armadio non era fissato, non credo potesse muoversi da solo; pesava almeno 200 chili».

I parenti la abbracciano, uniti nel dolore. «Devo andare da mio figlio e spiegargli come è morto il padre. Ma che cosa gli dico? Non riesco a capire come possa essere accaduto. Francesco era quello che controllava tutti, chiedeva di rispettare le regole. Non avrebbe mai fatto nulla che mettesse a rischio la sua vita».

I sindacati: «Gli incidenti mortali sul lavoro aumentano»

Procopio era stato di recente eletto rsu per la Filctem Cgil, ma il suo tempo libero era dedicato al figlio. «Lo portava sempre con sé, lo adorava» dice Pietro Procopio, un altro fratello.

A chiarire la dinamica dell'incidente saranno i carabinieri e gli ispettori dello Spresal dell'Asl To3, incaricati delle indagini. «Nonostante le numerose iniziative di segnalazione e gli impegni presi a livello locale, il numero degli incidenti mortali sul lavoro continua a crescere», dichiara Federico Bellono, segretario generale della Cgil di Torino, «mentre le attività di controllo e prevenzione rimangono assolutamente insufficienti».