Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Un anno e 8 mesi (pena sospesa), più il pagamento delle spese processuali e duemila euro da versare alla Cassa delle ammende. Questa la condanna definitiva per l’ingegnere Nazzareno Fialà, 52 anni, di Ionadi, avendo la settima sezione penale della Cassazione respinto il suo ricorso dichiarandolo “inammissibile”. Anche la Procura generale della Suprema Corte si era espressa per l’inammissibilità del ricorso di Nazzareno Fialà, difeso dagli avvocati Bruno Ganino e Salvatore Staiano. I giudici hanno così confermato la sentenza emessa nei confronti di Fialà il 5 ottobre 2016 quando unitamente a Pasquale Orfanò, 42 anni, pure lui di Ionadi (e non ricorrente Cassazione), è stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo a seguito di una frana costata la vita a due operai di Rombiolo: Domenico Mazzeo, di 41 anni, e Francesco Iannello, di 47 anni. Ha retto sino in Cassazione, dunque, il verdetto che in primo grado che era stato emesso il 16 luglio del 2010 dal Tribunale monocratico di Vibo Valentia presieduto all’epoca dal giudice Cristina De Luca.
Altri due precedenti verdetti d’appello avevano registrato l’assoluzione di Fialà e la prescrizione per Orfanò, ma erano stati poi annullati con rinvio dalla Cassazione in accoglimento di un ricorso delle parti civili ed in particolare dell’avvocato Giulio Ceravolo, che assisteva Maria Zinnà e Francesca Filardo, mamma e moglie di Francesco Iannello, e i figli di Iannello (Michele, Giuseppe e Antonella). Parte civile anche la Cassa Svizzera, rappresentata dall’avvocato Luigi Ciambrone, intenzionata ad esercitare l’azione di regresso nei confronti degli imputati, in quanto Francesco Iannello aveva lavorato in Svizzera ed è già stata liquidata agli eredi la somma per il decesso causato dalla frana. Le altre parti civili erano rappresentate per l’Inail di Catanzaro dall’avvocato Cristina Folino, gli eredi di Domenico Mazzeo (Michelina La Rosa, mamma di Domenico Mazzeo, e i fratelli Francesca, Domenica, Michele e Alfonso Mazzeo) dall’avvocato Salvatore Sorbilli, mentre Nazzarena Farfaglia si è costituita parte civile con l’avvocato Gabriele D’Ottavio. In Cassazione, in via definitiva, ha ora retto il terzo giudizio d’appello che sancisce la responsabilità penale dell’imputato Nazzareno Fialà.
I fatti al centro del processo si sono verificati il 17 novembre del 2003 a Vena di Ionadi, quando i due operai, impegnati con i lavori di scavo in un cantiere della ditta “Prestia”, a causa del cedimento del muro di contenimento e del terreno sovrastante, si ritrovarono sommersi a quattro metri di profondità da una colata di acqua e fango.
Nazzareno Fialà, direttore dei lavori, è stato difeso nei giudizi di merito dagli avvocati Salvatore Staiano e Giuseppe Di Renzo (ai quali in Cassazione si è affiancato l’avvocato Ganino), mentre il costruttore Pasquale Orfanò era difeso dall’avvocato Mario Bagnato. Fialà doveva rispondere quale direttore e progettista dei lavori, Orfanò, invece, quale controllore dell’esecuzione dei lavori per conto dell’impresa Prestia. Da ricordare, infine, che per la stessa vicenda la Cassazione ha in precedenza già confermato la condanna ad un anno (pena sospesa) emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro nel processo stralcio a carico dell’imprenditore Antonio Prestia, di San Calogero, titolare della ditta che stava eseguendo i lavori e giudicato col rito abbreviato.
La Corte d’Appello di Catanzaro il 5 ottobre 2016 aveva pure confermato la provvisionale decisa dal Tribunale di Vibo: Fialà e Orfanò sono stati infatti condannati pure al pagamento di una provvisionale di 80mila euro in favore di Maria Zinnà e Francesca Filardo, mamma e moglie di Francesco Iannello; 100mila euro in favore dei figli di Iannello (Michele, Giuseppe e Antonella); 80mila per Nazzarena Farfaglia, moglie del deceduto Domenico Mazzeo; 100mila euro in favore di Francesca Mazzeo, figlia di Domenico e 25mila euro per Michelina La Rosa, mamma di Domenico Mazzeo, e per i fratelli e le sorelle dello sfortunato operaio.