Annullamento senza rinvio da parte della Cassazione per alcune contestazioni mosse ad Antonio Prostamo, 31 anni, di San Giovanni di Mileto (che resta in carcere), accusato insieme al fratello Giuseppe Prostamo, 34 anni (pure lui detenuto), dell’omicidio ai danni di Francesco Vangeli, il 26enne di Scaliti di Filandari scomparso nella notte fra il 9 e il 10 ottobre dello scorso anno. In particolare, la Suprema Corte – in accoglimento di un ricorso degli avvocati Giuseppe Grande e Sergio Rotundo – ha annullato senza rinvio l’ordinanza di custodia cautelare in carcere in relazione al reato di violenza privata aggravata dalle modalità mafiose, riqualificato ora come minaccia grave, nonché ha annullato le aggravanti mafiose su altri due capi di d’accusa: omicidio e soppressione di cadavere. Per Giuseppe Prostamo (difeso pure lui dagli avvocati Grande e Rotundo)invece, la Cassazione ha annullato con rinvio per un nuovo esame da parte del Tribunale del Riesame per i reati di omicidio e soppressione di cadavere, rigettando nel resto.


Per quanto riguarda il reato di minaccia graveAntonio Prostamo è accusato di aver tentato di costringere Francesco Vangeli ad “interrompere la relazione sentimentale con la fidanzata Alessia Pesce mediante la minaccia di un danno ingiusto”. A tal fine avrebbe indirizzato tra il 21 luglio ed il 17 agosto 2018 dei pesanti messaggi via whatsapp al rivale in amore Francesco Vangeli invitandolo ad incontrarsi e minacciandolo di rappresaglie.

Antonio Prostamo portato in carcere

Con riferimento invece alle accuse di omicidio e soppressione di cadavere, Antonio Prostamo è accusato – in concorso con il fratello Giuseppe (per il quale dovrà nuovamente pronunciarsi il Riesame) – di aver cagionato la morte di Francesco Vangeli, tra il pomeriggio e la sera del 9 ottobre 2018, dopo averlo attirato con un pretesto nella sua abitazione di San Giovanni di Mileto.

Secondo la ricostruzione accusatoria, avendo Francesco Vangeli compresa la gravità della situazione – anche alla luce della riconciliazione con Alessia Pesce avvenuta proprio nella mattina del 9 ottobre – si sarebbe portato con Alessio Porretta a Nao di Ionadi per informare della situazione Fausto Signoretta (in virtù, per la Dda di Catanzaro, della sua vicinanza alla famiglia Mancuso avendo lo stesso Signoretta battezzato la figlia di Giuseppe Mancuso, quest’ultimo figlio di Giovanni Mancuso) e riferirgli che era in procinto di recarsi a San Giovanni di Mileto.

Successivamente, Francesco Vangeli si sarebbe recato dai Prostamo, “portando con sé, come “garanzia” per la propria incolumità il suo amico Alessio Porretta, attesi i rapporti parentali  di Porretta – evidenzia la Procura distrettuale – con la famiglia Tavella di San Giovanni di Mileto, affiliata al medesimo locale di ‘ndrangheta a cui appartiene la famiglia Prostamo”.

Francesco VangeliGiunti sul posto, Porretta sarebbe stato riaccompagnato a casa, mentre Francesco Vangeli sarebbe stato costretto a restare con i Prostamo ed al termine di un “confronto” con i due fratelli Anton io e Giuseppe, sarebbe stato colpito da un colpo di arma da fuoco, rinchiuso in un sacco nero di plastica ancora moribondo, trasportato a bordo del suo veicolo e gettato nel fiume Mesima ancora agonizzante, mentre la vettura ed il telefono cellulare sono stati dati alle fiamme.

In relazione a tali due reati (omicidio e soppressione di cadavere), la Cassazione – accogliendo le argomentazioni degli avvocati Grande e Rotundo – ha quindi cancellato l’aggravante della metodologia mafiosa derivante, secondo la prospettazione accusatoria, dai legami dei due Prostamo con gli zii Nazzareno (già condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pietro Cosimo consumato nel 1990 a Catanzaro) e Giuseppe Prostamo, quest’ultimo ucciso a San Costantino Calabro il 4 giugno 2011 in un agguato mafioso.