In aula i collaboratori Giuseppe Zaffonte e Luciano Impieri riferiscono di un summit tra i clan degli zingari e degli italiani per pacificare la situazione e non attirare l’attenzione delle forze di polizia
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L’omicidio di Antonio Taranto, il 25enne di Cosenza ucciso nel quartiere popolare di via Popilia nel marzo del 2015, oggi è stato al centro di una nuova udienza tenutasi davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, presieduta dal presidente Fabrizio Cosentino (giudice a latere Domenico Commodaro). La seduta processuale odierna è servita per apprendere dalla viva voce di due collaboratori di giustizia – Giuseppe Zaffonte e Luciano Impieri – notizie riguardanti Domenico Mignolo, condannato in primo grado e in appello. La Cassazione, poi, aveva annullato con rinvio la sentenza di secondo grado, rilevando un’illogicità nelle motivazioni circa la perizia balistica.
Il tribunale di Cosenza, nel primo caso, riteneva che il presunto omicida, dopo aver sparato dal balcone di casa, fosse sceso in strada e scaricando la pistola, i bossoli caddero sul marciapiede. I giudici d’appello, tuttavia, avevano escluso che Domenico Mignolo avesse percosso le scale, rimanendo all’interno della sua abitazione. Tutto ciò, secondo gli ermellini, è incompatibile con i rilievi clinici eseguiti dai consulenti tecnici della procura di Cosenza, i quali nel dettaglio avevano ricostruito l’esatto punto da cui entrò e uscì il proiettile.
Omicidio Taranto, il summit di mafia in via Popilia
Nel corso dell’udienza di oggi, entrambi i pentiti cosentini hanno riferito di un summit di mafia convocato dopo l’assassinio di Antonio Taranto. Nello specifico, Zaffonte e Impieri hanno dichiarato che il clan degli “zingari” e quello degli italiani avevano deciso di mettere una pietra sopra rispetto a quanto successo affinché l’attenzione investigativa delle forze dell’ordine non si concentrasse sui rispettivi gruppi. Questo avrebbe permesso quindi di mantenere sotto controllo le attività illecite: dal traffico di droga alle estorsioni.
L’incontro, avvenuto all’Ultimo lotto di via Popilia, sarebbe stato utile anche per spegnere sul nascere i propositi di vendetta nei confronti di Domenico Mignolo che potevano maturare tra gli amici di Antonio Taranto. Da quanto dichiarato da Luciano Impieri, infatti, uno degli associati della cosca degli “zingari” aveva paventato la possibilità di rivolgersi a un sodalizio mafioso di fuori provincia per pianificare il tutto. Questo, però, non è accaduto perché i gruppi criminali operanti a Cosenza e dintorni, hanno raffreddato gli animi bollenti.
Omicidio Taranto, le dichiarazioni messe a verbale dei due pentiti
Sia Giuseppe Zaffonte che Luciano Impieri, in merito all’omicidio di Antonio Taranto, erano stati interrogati dall’allora pubblico ministero antimafia, Camillo Falvo, attuale procuratore capo di Vibo Valentia. Nel 2018 l’ex componente degli “zingari”, Impieri e nel 2019, l’ex autista di Rinaldo Gentile, Zaffonte.
Al magistrato Falvo, Impieri aveva detto che «Domenico Mignolo era transitato nel gruppo di Antonio Abbruzzese detto Strusciatappine, il quale, successivamente, ha fatto una riunione nel corso della quale ha detto che per quell'omicidio si doveva mettere una pietra sopra. A Nuoro inoltre» aveva evidenziato Impieri «ho saputo che a Domenico Mignolo lo avevano alzato nei meriti criminali per l'omicidio Taranto».
Oggi, invece, ha aggiunto che ulteriori dettagli li aveva appresi pure durante la permanenza in carcere a Siano, casa circondariale di Catanzaro. L'anno successivo, invece, Zaffonte aveva dichiarato di aver partecipato «personalmente» alla riunione «avendo accompagnato Rinaldo Gentile, uomo d'onore della famiglia Lanzino». Un incontro che fu deciso «in seguito alla morte di Antonio Taranto per pacificare le due fazioni in contesa ossia il gruppo di Strusciatappini e il gruppo Rango, per evitare particolari attenzioni da parte delle autorità giudiziarie e delle forze dell'ordine. Ho appreso da Attilio Chianello, che a sparare ad Antonio Taranto fu Domenico Mignolo».
Il collegio giudicante, apprese le parole di due pentiti, ha deciso di convocare per il prossimo 5 novembre quattro testimoni indiretti, mentre in una successiva udienza saranno sentiti altri due collaboratori di giustizia: Anna Palmieri e Celestino Abbruzzese, alias “Micetto”. Le difese sono rappresentate dagli avvocati Filippo Cinnante e Andrea Sarro, mentre le parti civili sono assistite dai legali Mariarosa Bugliari, Angela D’Elia e Francesco Tomeo.