La Corte d'assise di Catanzaro ha accolto la richiesta del pm Ciro Lotoro. Il giovane attivista dell'Usb è stato ucciso a colpi di fucile nel giugno 2018 alla Fornace, ex fabbrica di San Calogero, nel Vibonese
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Ha preso la mira e ha sparato quattro colpi con la precisa intenzione di uccidere. Per questo il 44enne Antonio Pontoriero è stato condannato a 22 anni di carcere per l’omicidio di Soumaila Sacko, sindacalista maliano dell'Usb colpito a morte da un colpo di fucile alla Fornace, ex fabbrica del vibonese, il 2 giugno del 2018. Così ha deciso la Corte d'assise di Catanzaro, che ha accolto la richiesta del pm Ciro Lotoro, che per Pontoriero aveva la condanna per omicidio volontario, pur comminando una pena inferiore ai 30 anni invocati.
L'omicidio del sindacalista
In ogni caso, adesso c'è una sentenza che dà un nome e un volto al sindacalista ammazzato per aver cercato di aiutare due amici a costruirsi un riparo. Insieme a Drame Madiheri e Fofana Madoufoune, Soumaila era in quel pezzo di terra invaso dai rottami e contaminato dai veleni per cercare qualche pezzo di lamiera utile per costruire una baracca di fortuna nel vecchio ghetto di San Ferdinando. Ma per Pontoriero, quel pezzo di terra – sequestrato e da anni in mano allo Stato – era di sua proprietà. E quegli uomini che cercavano pezzi di lamiera – certo, arrugginita, vecchia ma buona per costruire una baracca – erano invasori. Nella sua testa, non esseri umani ma “niri” a cui si può sparare addosso. Con il suo fucile da caccia ha preso la mira e sparato quattro colpi. Due hanno colpito Soumaila alla testa, uno ha sfiorato uno dei sopravvissuti rimasto a vegliare il corpo senza vita dell’amico, mentre l’altro correva per chilometri per raggiungere la stazione dei carabinieri e denunciare l’accaduto. Un racconto confermato poi anche da Fofana, che anche in aula ha reso una testimonianza sofferta ricordando quel giorno.
La testimonianza chiave dei sopravvissuti
Dichiarazioni fondamentali. In una terra in cui nessuno parla e chi sa tace, entrambi hanno fornito ai carabinieri una precisa descrizione fisica dell’assassino, dei vestiti che portava addosso al momento dell’omicidio, dell’auto che guidava, con tanto di parziale indicazione del numero di targa. È così che i militari, che conoscono il territorio palmo a palmo, in poche ore sono arrivati a Pontoriero. E subito è scattato il blitz. Lì davanti c’era l’auto descritta dai testimoni, una panda bianca vecchio modello, con targa Aw. In casa, nella lavatrice, pronti per essere lavati la maglia nera e i pantaloni grigi descritti dai testimoni. E agli indizi si sono sommate le conferme arrivate dagli accertamenti tecnici, che hanno inchiodato Puntoriero. Il pm li ha ripercorsi tutti passo passo nella sua requisitoria, smontando poi una per una le versioni fornite dall’indagato. «Nonostante gli sforzi della difesa, mesi di udienze pare abbiano ormai fatto piena luce su quanto avvenuto. Siamo soddisfatti perchè si è arrivati alla verità, quello di Soumaila è stato ritenuto un omicidio volontario. Non ce lo restituirà, ma almeno gli è stata resa giustizia» commentano da Usb.