Arrivano alcuni dati fermi dall’autopsia sul cadavere di Giuseppe De Masi, l’imprenditore 39enne freddato a Soriano Calabro nel tardo pomeriggio del 31 dicembre. Due in particolare i colpi che gli sono stati fatali (al collo ed al capo), con il sicario che ha sparato da distanza ravvicinata una volta aperta la porta del barbiere – dove si trovava ancora all’interno Giuseppe De Masi – per poi esplodere altri quattro colpi di cui un terzo andato a segno.

L’imprenditore si è quindi accasciato al suolo dentro il locale già al primo colpo, alla presenza del barbiere rimasto terrorizzato e sotto shock ed ancora ricoverato in ospedale. Il sicario si è invece allontanato a piedi ed a volto scoperto per poi salire presumibilmente a bordo di un’auto dove vi era un complice, o forse due, a d attenderlo. L’auto usata da chi si è recato a Soriano per portare a termine la missione di morte non è stata al momento ritrovata.

La salma

Nel momento in cui scriviamo, la salma non è stata ancora restituita ai familiari per le esequie ma si trova all’ospedale Germaneto di Catanzaro dove il medico legale Isabella Aquila ha eseguito l’autopsia per conto della Procura di Vibo Valentia che, con il procuratore Camillo Falvo e il pm Maria Cecilia Rebecchi, coordina le indagini. La sala dell’obitorio dell’ospedale di Vibo – dove avrebbe dovuto essere eseguita l’autopsia era ancora allagata pomeriggio del 31 dicembre – e quindi si è subito preferito il trasporto del cadavere di Giuseppe De Masi all’ospedale di Germaneto.

Il testimone oculare

Il barbiere è l’unico testimone oculare del fatto di sangue. Le sue dichiarazioni potrebbero rivelarsi importanti ma non decisive e soprattutto non irrinunciabili. Al momento non sarebbe stato in grado di riferire nulla, trovandosi ancora ricoverato in ospedale in stato di shock per l’accaduto. I sanitari del 118, accorsi sul luogo dell’omicidio, dopo aver constatato il decesso di Giuseppe De Masi, hanno infatti soccorso e portato in ospedale il barbiere, in evidente stato confusionale, tremante ed impaurito. E in un caso simile non si può di certo pretendere “miracoli” dallo stesso né puntare esclusivamente sulla sua testimonianza per arrivare alla risoluzione del caso.

Al di là delle belle parole nei “salotti” e nelle manifestazioni, attualmente – e la verità anche se “cruda” e fa male va sempre detta – la giustizia in Calabria non è in grado di garantire né celerità nella celebrazione dei processi, né tutela effettiva per i testimoni e per quanti denunciano, se non finendo in programmi di protezione sui quali molto ci sarebbe da scrivere quanto ad inefficienze e nei quali non tutti sono disposti ad entrarci lasciando affetti, attività lavorativa e paese. È tutto da vedere, quindi, se nel caso di specie il barbiere sarà in grado (o sarà disposto) di svelare agli inquirenti ciò che ha visto (o non visto).

Telecamere e telefonino

Per arrivare alla risoluzione del caso, del resto, ci sono altri elementi in questo momento al vaglio degli investigatori: impianti di videosorveglianza prelevati lungo il probabile tragitto compiuto da sicari e basisti per portarsi a Soriano dinanzi al locale del parrucchiere e, soprattutto, il telefonino della vittima che molto potrebbe dire su mandanti, esecutori e causale del gravissimo fatto di sangue che ha sconvolto un’intera comunità. E poi ci sono altre attività investigative tuttora in corso. Indagini incessanti, dunque, per fare presto e fare bene. 

Il tempo dirà se tale fatto di sangue poteva e doveva essere evitato e se chi ha portato a termine la missione di morte doveva magari trovarsi in galera già da un pezzo per altri fatti di sangue compiuti nelle Preserre e rimasti sinora impuniti. Difficile credere, infatti, che chi ha premuto il grilletto per uccidere fosse al primo omicidio. Troppo eclatanti le modalità di esecuzione e troppo agevole la via di fuga che si è guadagnato per pensarlo. Non resta che attendere lo sviluppo delle indagini.