Consegnato alla questura di Reggio Calabria il palazzo confiscato alla famiglia Napoli, nuovo esito di un fatto di cronaca tra i più terribili nella storia della Calabria contemporanea, l’omicidio nelle campagne di Melicucco di Fabrizio Pioli.
Dopo la condanna di Antonio, Francesco e Domenico Napoli, due ergastoli e una pena di 13 anni e 4 mesi da scontare, l’onda prodotta dall’omicidio dell’elettrauto di Gioia Tauro ha portato fino a questo passaggio che unisce giustizia e riutilizzo a fini sociali delle proprietà sottratte.

In via Umberto Terracini a Melicucco, i 3 piani fuori terra di quella che un tempo era l’abitazione della famiglia che decise l’eliminazione del giovane – che aveva una relazione con Simona Napoli, la figlia di Antonio che in quel momento era sposata con un altro uomo – diventeranno sede degli alloggi della polizia dopo la procedura formalizzata in queste ore dal questore Bruno Megale.
Dal 2012, anno di un caso su cui accese i riflettori anche la stampa nazionale e di una tragedia che mobilitò le coscienze – il cadavere di Pioli venne infatti trovato sepolto in una campagna a 18 mesi dall’omicidio – è trascorso un tempo tutto sommato non molto lungo.
Anni serviti a fare piena luce sulla dinamica di una riedizione contemporanea del delitto d’onore, in una Calabria riscopertasi ostaggio di un familismo selvaggio – Simona Napoli all’iniziò collaborò con gli investigatori per la soluzione del caso - anni che se non hanno lenito il dignitoso dolore dei famigliari di Fabrizio, hanno certamente consentito allo Stato di dimostrare una doppia celerità anche rispetto al bene confiscato, che ora è della collettività.