"Giuseppe Iannicelli era convinto che avendo il bambino sempre con sé avrebbe avuto una polizza sulla vita, ma non è stato così". Lo ha detto il procuratore capo di Catanzaro Vincenzo Lombardo durante la conferenza stampa di questa mattina a Cosenza, dove sono stati illustrati i particolari dell'operazione che ha portato all'arresto di Cosimo Donato, 38 anni detto 'topo' e Faustino Campilongo, 39 anni detto 'panzetta' già detenuti perché coinvolti in un’indagine per droga e ritenuti vicino ai clan della Sibaritide. I due, secondo l'accusa, spacciavano droga per conto di Iannicelli con il quale avevano un debito per una partita non pagata.

 


Secondo la Dda di Catanzaro, Donato e Campilongo sarebbero stati incaricati di attirare Iannicelli in una trappola. Gli inquirenti, dopo un'intensa attività investigativa sono oggi in grado di affermare che i due erano sicuramente sul luogo del delitto e che hanno bruciato i corpi. "Probabilmente ci saranno altri responsabili ma almeno due sono stati consegnati alla giustizia - ha detto il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti". Il procuratore aggiunto della Dda Vicenzo Luberto ha spiegato: "Abbiamo oggettivi elementi investigativi per dire che i due sono responsabili di aver bruciato i corpi dei tre. La figlia di uno dei due arrestati era la fidanzata del figlio di Iannicelli. I due sono quelli che hanno dato alle fiamme i corpi: questo è quello che sappiamo di sicuro. Non abbiamo la stessa certezza che siano stati loro a sparare".


Il Movente del triplice omicidio potrebbe essere stato un presunto pentimento di Iannicelli. "Da quello che ha raccontato la moglie – ha spiegato Bombardieri – aveva annunciato la volontà di collaborare con la giustizia".
Per gli inquirenti l'obiettivo dei killer era il nonno di Cocò, Giuseppe Iannicelli di 52 anni che per scongiurare un attentato, andava in giro col piccolo Cocò. La presenza del bambino a nulla è servita e il 16 gennnaio di un anno fa i killer non si sono fatti scrupoli, uccidendo e poi bruciando i corpi di Iannicelli, della sua compagna marocchina di 27 anni e del piccolo Cocò di tre anni.

 

Dell’omicidio del piccolo Cocò ha parlato anche Papa Francesco durante l’Angelus del 26 gennaio dello stesso anno invitando a pentirsi e a convertirsi chi avesse ucciso un bambino così piccolo, “con un accanimento senza precedenti nella storia della criminalità”.