Il nuovo pentito di ‘ndrangheta che ieri, con le sue dichiarazione ha portato all’arresto di altri due esponenti della criminalità organizzata è Raffaele Moscato, 26 anni, di Vibo Marina ma dal, 6 marzo scorso, in carcere a Bologna, per l’omicidio del boss di Stefanaconi, Fortunato Patania. Moscato, durante i suoi tre interrogatori ha fornito informazioni preziose per ricostruire quella che è conosciuta come la “faida del Mesima”. Il Mesima è il fiume che scorre tra i due paesi del vibonese, Piscopio e Stefanaconi, al centro di una sanguinosa guerra di ‘ndrangheta che nell'arco di dieci mesi avrebbe provocato cinque omicidi e sei tentati omicidi. Moscato avrebbe dichiarato di essersi affiliato alla “società” di Piscopio da circa cinque anni, cinque anni in cui ha commesso diversi reati come "gambizzazioni, rapine, estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti, omicidi e tentati omicidi".

 

La faida del Mesima - Nelle sue rivelazioni il nuovo pentito, ha ricostruito l’intera vicenda della faida facendo luce sulle ipotesi alla base dell’ operazione “San Michele” che, il 6 marzo aveva portato all’arresto di cinque esponenti dei piscopisani, tra cui lo stesso Moscato, tutti accusati dell’omicidio di Patania. Le dichiarazioni del pentito hanno permesso di delineare nuovi scenari sul clan dei piscopisani come il coinvolgimento dei “Tripodi”, affiliati dei Mancuso che sarebbero diventati, come Moscato ha dichiarato “una cosa sola con i piscopisani”. Il pentito, infatti, ha continuato spiegando come Salvatore Tripodi, ancora ricercato, avrebbe dato il via libera all’omicidio. “Dopo dell'omicidio, difatti – ha raccontato Moscato ai magistrati - Battaglia Rosario ha anche ricevuto da Salvatore Tripodi una somma di 5-10.000 euro poiché, dovendo stare fermi senza andare a prendere soldi in giro, ci potevano servire”. Tripodi, sarebbe anche parente di Battaglia e Rosario Fiorillo, in quanto ha sposato una delle sorelle Mantino, cugine dei piscopisani.

 

L’omicidio del boss Patania - Si sofferma poi sull’agguato del 18 settembre 2011 spiegando di essere stato solo lui l’esecutore materiale dell’omicidio del boss Patania sparando 13 colpi con una calibro 9x21 che gli sarebbe stata consegnata da Davide Fortuna, ucciso un anno dopo dai Patania per vendicare la morte del boss. Moscato ha raccontato i particolari dei giorni precedenti l'agguato “quello che era più convinto e lo voleva di più di tutti – ha dichiarato il nuovo pentito – era Fiorillo Rosario (detto "Pulcino"), che è il soggetto più sanguinario della cosca”. Ha raccontato il furto dell’auto che doveva servire per andare sul luogo dell’omicidio, e la preparazione dei cappucci neri all'interno del “bar Imperial sul corso di Vibo Marina”.

 

“Era previsto che dovevamo ucciderlo quando si ritirava – spiega Moscato agli inquirenti - sulla strada da Stefanaconi ma, dato che lui non passava con l'autovettura da lì, ci è arrivata una chiamata da Battaglia Rosario; parlavamo nell'occasione con due telefoni nuovi mai usati (come spesso facevamo); con una telefonata di tre secondi mi disse "vieni qua di nuovo"; in quella conversazione io facevo la voce alterata ("grossa") per non farmi riconoscere. Quindi – prosegue il racconto del pentito – siamo risaliti nella stradina da dove eravamo partiti e Battaglia ci comunicava, per averlo saputo da Fortuna Davide, che effettivamente faceva da vedetta come è riportato negli atti, che Fortunato Patania stava giocando a carte e si poteva "prendere" là ; a quel punto siamo tornati e abbiamo fatto l'agguato, nel quale, ripeto, ho sparato io”.

 

L’origine della guerra di ‘ndrangheta - Sempre secondo quanto raccontato da Moscato, la sera prima dell’omicidio lui e Battaglia andarono a dare le condoglianze alla famiglia di Michele Mario Fiorillo, che era stato ucciso due giorni prima dai Patania nelle campagne di Piscopio. “In quel momento – ha dichiarato Moscato – Pasquale Fiorillo ( figlio della vittima) ci chiese un favore, poiché il padre era stato brutalmente assassinato con un colpo di fucile in faccia, ci disse se potevamo scaricare un caricatore di kalashnikov in faccia anche a Patania Fortunato”. “ Io ho subito detto che avrei preso la pistola mentre il La Bella avrebbe dovuto scaricare il caricatore del kalashnikov in faccia al Patania”. Poiché il fucile si era inceppato, sono stati i colpi di pistola sparati da moscato ad uccide il boss. La Bella, così come ha raccontato il pentito, era il custode della armi in dotazione al clan, 4 kalashnikov, una ventina di fucili, una quindicina di pistole. Le armi venivano nascoste “sotto terra, in dei pilastri di plastica che solitamente vengono utilizzati per fare gli archi in cartongesso”.

 

La doccia con la Coca Cola- Dopo l’agguato, lo stesso Moscato ha confermato agli inquirenti che con La Bella hanno provveduto a bruciare l’auto e che ad attenderli, c'erano due scooter, uno guidato da Rosario Fiorillo e l’altro da Michele Russo, nipote di La Bella, anche lui arrestato ieri. Moscato ha poi confermato di essersi fatto la doccia con la Coca Cola e di essersi urinato sulle braccia, dopo l’omicidio, per cancellare le tracce della polvere da sparo.

 

“Sapevamo di essere indagati” - “Noi abbiamo sempre saputo che c’erano e telecamere in piazza a Piscopio conclude il pentito - così come sapevamo tante altre cose sulle indagini che venivano svolte; c’erano anche appartenenti alle forze dell’ordine che ci davano notizie. Sapevamo, ad esempio, che ad essere indagati, inizialmente, per l’omicidio Patania eravamo io, Fortuna Davide e Scrugli”.