Sono stati due dei tre colpi sparati a uccidere Francesco Pagliuso, raggiungendolo alla testa. L’autopsia, effettuata nella giornata di ieri, ha confermato la prima osservazione fatta sul cadavere. La salma del penalista è stata consegnata ai familiari. Stamani, nel Palazzo di Giustizia di Lamezia Terme è stata allestita la camera ardente, mentre i funerali si svolgeranno oggi pomeriggio, alle 17, nella chiesa del Rosario. Il sindaco di Lamezia, Paolo Mascaro, ha indetto una giornata di lutto cittadino.  

 

Intanto, al dolore per la perdita, si va aggiungendo la rabbia. Quella dei colleghi, che continuano ossessivamente a chiedere e a chiedersi “Dov'è lo Stato?”. Quella del presidente del Tribunale di Lamezia, Bruno Brattoli, autore di una lettera aperta inviata al presidente del Consiglio, Matteo Renzi e ai ministri dell’Interno Angelino Alfano e della Giustizia, Andrea Orlando. Un documento sottoscritto dal presidente dell'Ordine degli avvocati e dal presidente della Camera penale Pino Zofrea.

 

Rabbia, mista a determinazione è anche quella della sorella di Francesco Pegliuso, Antonella, che, a 72 ore dalla barbara esecuzione del fratello,  dichiara: «Vivrò solo per capire chi ha ucciso mio fratello». E conclude rivolgendosi direttamente all’assassino: «Guardati allo specchio, pentiti, costituisciti e dici la verità».

 

La verità che in questi giorni cercano freneticamente i titolari dell’indagine sull’omicidio dell’avvocato, che, nonostante la pista favorita sembri quella che porta al delitto di stampo mafioso, non escludono nessuna ipotesi. «Non escludiamo nulla e, allo stato, non si può restringere il campo investigativo a una sola ipotesi. Le indagini, in altre parole, sono a 360 gradi», ha dichiarato il Procuratore della Repubblica facente funzioni di Lamezia Terme, Luigi Maffia. «La vittima era molto conosciuta in svariati ambienti ed aveva una molteplicità di clienti operanti in vari settori. Occorre - conclude - valutare, dunque, tutte le componenti».