Lo ha stabilito la Cassazione che ha rigettato il ricorso presentato dall’imputato. Nel curriculum criminale dell’ex primula rossa ci sono quattro delitti e un agguato fallito. L’assassinio dell’avvocato nel 2016
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Diventa definitiva la condanna all’ergastolo con aggravante mafiosa per Marco Gallo, 39 anni, killer dell’avvocato Francesco Pagliuso.
Il sigillo su questa tragica pagina di cronaca nera lo ha impresso, questa sera, la prima sezione della Corte di Cassazione che ha rigettato il ricorso presentato da Gallo. Regge l’impianto accusatorio e regge l’aggravante mafiosa.
L’avvocato penalista Francesco Pagliuso venne ucciso a colpi di pistola il 9 agosto 2016 nel corso di un agguato avvenuto nel giardino della sua villa a Lamezia Terme.
Il 19 ottobre 2024, inoltre, il Tribunale di Lamezia Terme ha condannato Marco Gallo a 15 anni di reclusione per associazione mafiosa, nell’ambito del processo Reventinum, in quanto ritenuto appartenente alla cosca Scalise di Decollatura. Ora il procedimento è in attesa di giudizio davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro.
Proprio dal clan della montagna sarebbe partito l’ordine di uccidere l’avvocato. Il movente viene ricercato nelle pretese della consorteria alle quali non si sarebbe piegato il legale. A questo si aggiunge il fatto che, dopo aver rinunciato alla difesa degli Scalise, Pagliuso ha accettato di difendere Domenico e Giovanni Mezzatesta, rivali storici degli Scalise, riuscendo a far ottenere loro un forte sconto di pena (dimostrando l’assenza della premeditazione) nel corso di un processo nel quale i Mazzatesta erano accusati dell’omicidio di due uomini del gruppo Scalise.
C’è da aggiungere che per l’omicidio di Francesco Pagliuso lo scorso 5 luglio è stato condannato in via definitiva all’ergastolo anche Luciano Scalise, quale mandante del delitto.
Questo è il terzo ergastolo che viene comminato a Marco Gallo già condannato in via definitiva per l’omicidio di Gregorio Mezzatesta avvenuto in pieno centro a Catanzaro la mattina del 24 giugno 2017. Mezzatesta è stato ucciso nella città capoluogo in pieno giorno e in pieno centro, colpito a morte in un’auto parcheggiata, dopo aver preso il consueto caffè prima di recarsi in ufficio. Marco Gallo si è avvicinato al lato passeggero e ha fatto fuoco sette volte, con una pistola calibro 9X21, contro il suo “bersaglio” colpendolo quattro volte alla testa. Poi ha inforcato la moto ed è andato via.
Condanna al fine pena mai anche per l’omicidio del fruttivendolo di etnia rom Francesco Berlingeri avvenuto a Lamezia Terme, nel centro affollato del quartiere Sambiase, il 19 gennaio 2017. Gallo ha materialmente eseguito l’agguato sparando da distanza ravvicinata alla vittima mentre questa stava scaricando della merce davanti al suo negozio. La moglie di Gallo, Federica Guerrise è stata condanna a 15 anni per aver fatto da “specchietto”, avvisando telefonicamente il marito dell’arrivo di Berlingeri.
Marco Gallo è stato inoltre condannato a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Domenico Gigliotti avvenuto a Lamezia Terme a gennaio 2015. La Corte d’Appello, a luglio scorso, ha confermato il verdetto emesso dal gup nel primo grado di giudizio.
Gallo è accusato di aver ucciso e dato alle fiamme l’imprenditore edile Gigliotti poiché – secondo le accuse – l’imputato avrebbe versato 1. 100 euro per una crociera mai fatta all’agenzia di viaggi gestita dalla moglie della vittima. Sarebbe stato proprio l’incasso fraudolento dell’anticipo versato, nonché la mancata restituzione dello stesso a scatenare la violenta reazione di Gallo che, già nel mese di ottobre 2014, avrebbe esploso alcuni colpi d’arma da fuoco contro l’abitazione della famiglia Gigliotti. A gennaio 2015 Gallo avrebbe aspettato che Gigliotti rincasasse dopo una serata fuori per sparare attraverso il finestrino mentre l’uomo aspettava che si aprisse il cancello automatico. Poi l’auto è stata data alle fiamme col cadavere dentro.
A pendere sul capo di Marco Gallo vi è anche il tentato omicidio del rom Renato Berlingeri avvenuto il il 22 febbraio 2017. In questo caso l’agguato non sarebbe andato a segno perché la pistola di Gallo, la stessa usata per l’omicidio del fruttivendolo, si sarebbe inceppata.
È questo il lungo curriculum criminale di un uomo che è stato per anni un fantasma fino a quando, nel 2017, non è stato tratto in arresto con l’accusa di essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio di Gregorio Mezzatesta, verificatosi appena un mese prima, nel centro di Catanzaro. Un nome sconosciuto alle cronache, un giovane imprenditore del settore degli impianti di video-sorveglianza, figlio di due infermieri, sposato con Federica Guerrise, anch’ella infermiera, figlia di un impiegato comunale.