«L’unico modo per andare avanti è quello di renderti orgoglioso di noi e di vedere dei sorrisi sui nostri volti perché eravamo la tua unica ragione di vita». A scrivere è Giuseppina Mezzatesta. La sua lettera, l'ennesima lettera, è toccante, intensa. Ricorda il suo papà. Si tratta di Gregorio Mezzatesta, ucciso a Catanzaro quattro anni fa, il 24 giugno del 2017. Per il delitto è accusato Marco Gallo, il sicario al soldo degli Scalise, i nuovi padroni del Reventino. Così hanno sancito le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. L'8 luglio, verrà data lettura del dispositivo alla Corte di Assise di Catanzaro.

Giuseppina ricorda ancora una volta suo padre, difende la sua memoria, un uomo buono, perbene. Sarebbe stato obiettivo di una vendetta trasversale: Gregorio è il fratello di Domenico e lo zio di Giovanni Mezzatesta, i reduci del cosiddetto "Gruppo della Montagna".

La lettera di Giuseppina Mezzatesta

«Sono passati quattro anni da quella terribile mattina in cui una telefonata stravolse completamente la nostra vita. Qualcuno aveva deciso che toccava a te, a noi, pagare per le colpe di altri.

Quattro anni durante i quali, senza di te, abbiamo cercato di sopravvivere perché non avessero anche la soddisfazione di vederci crollare. I momenti duri sono e saranno tanti ma lottiamo solo per te, affinché tu possa continuare a sorridere e vivere attraverso noi.

E, nel frattempo, viviamo anche nella speranza di avere la giustizia che meriti, in un’aula in cui ascoltiamo fiumi di parole ma riusciamo a sentire solo il dolore e l’inumanità di chi si è arrogato il diritto di toglierti la vita.

Quello che pesa più di tutto è la sensazione di impotenza perché vorrei urlare al mondo chi eri e cosa ti hanno fatto, vorrei che tutti si ribellassero, vorrei che non facessero finta di nulla ma, ahi noi, omertà e ipocrisia sono le uniche cose che vedo!

Vorrei poterti dare giustizia, ma poi che cosa vuol dire? Cosa può esistere al mondo di concreto o astratto che possa essere solo paragonabile all’averti ancora accanto?

Dopo quattro anni in cui il cuore non batte più allo stesso modo e le lacrime non si fermano, cerco di convincermi che l’unico modo per andare avanti è quello di renderti orgoglioso di noi e di vedere dei sorrisi sui nostri volti perché eravamo la tua unica ragione di vita.

Ma permane tuttora l’incapacità di realizzare che non ci sei più e, ancora oggi, nei miei sogni ritorni e con il tuo sorriso mi dici che hai risolto tutto, poi, però, mi sveglio e cerco di convivere con la rabbia e l’angoscia che solo chi ha vissuto un dramma simile può capire.

Qualche giorno fa ripensavo al tuo film preferito, Il Gladiatore, a quanto odiavi le ingiustizie ed a come nei sei rimasto vittima, ascolto la colonna sonora e ripenso alla frase più celebre adattandola al nostro modo di vedere… e avrò la mia giustizia in questa vita o nell’altra!

Aspettando di poterti anche noi riabbracciare tra i campi elisi».