Quel giorno il commando entrò in azione per uccidere il boss Giuliano Serpa, ma nell’agguato di mafia cadde per errore lo sfortunato operaio
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Tre richieste di condanna all’ergastolo sono state avanzate dalla Dda di Catanzaro a carico di altrettanti e presunti autori dell’omicidio di Antonio Maiorano, commesso a Paola (Cs) il 21 luglio del 2004. Si tratta di Alessandro Pagano, Romolo Cascardo e Pietro Lofaro, tutti ritenuti coinvolti in quell’agguato di mafia tristemente noto perché, a causa di un tragico scambio di persona, culminò nell’uccisione di un innocente.
Maiorano, infatti, era un operaio forestale incensurato ed estraneo a qualunque contesto criminale. Quel giorno si trova nei pressi del locale campo sportivo quando i sicari lo scambiano per Giuliano Serpa, boss dell’omonimo clan all’epoca impegnato in una faida sanguinosa con il gruppo Martello.
A indurre in errore il commando sarebbe stato Pagano che secondo gli inquirenti svolgeva il ruolo di “staffetta”. L’omicidio, invece, sarebbe stato pianificato utilizzando anche la calzoleria di Cascardo come base operativa. E alle riunioni convocate per emettere la sentenza di morte contro Serpa, avrebbe preso parte pure Lofaro. Queste in sintesi le accuse rivolte al terzetto dal pm Romano Gallo che per sostenere le proprie tesi si è avvalso dell’apporto di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui lo stesso Serpa.
Il processo, che si celebra in abbreviato, riprenderà il prossimo 13 dicembre con le arringhe degli avvocati Emilio Perfetti, Eduardo Sommella, Sabrina Mannarino, Michele Rizzo e Francesco Scrivano. Seguirà la sentenza di primo grado. A rappresentare i familiari della vittima, parti civili nel procedimento, ci sono invece gli avvocati Pasquale Vaccaro, Maria Giuseppina Torchia e Marco Maiorano.