Due mesi di ricerche a vuoto. Due mesi di indagini serrate nel corso delle quali, come tessere di un puzzle, i vari elementi andavano via via componendo lo scenario del delitto. Solide prove indiziarie ma un unico decisivo pezzo mancante: i cadaveri delle vittime. A fornire la chiave di volta del giallo è stato uno dei due principali sospettati: Joselito Marras, 52 anni, già sottoposto a fermo il 20 marzo scorso insieme al figlio Michael, con l’accusa del duplice omicidio e dell’occultamento dei cadaveri di Davide e Massimiliano Mirabello, 40 e 36 anni, fratelli di San Gregorio d’Ippona da tempo trasferitisi nel sud della Sardegna.

La confessione di Marras

Marras padre, nelle ultime ore, ha dunque reso piena confessione indicando il luogo in cui il 9 febbraio scorso, all’apice di una contesa durata anni e fatta di liti, veleni, incendi e botte, aveva nascosto i corpi dei due fratelli vicini di terreno. «Mi hanno aggredito e mi sono difeso» ha detto al pm titolare delle indagini in videoconferenza. «Ho fatto tutto da solo», ha aggiunto, escludendo il figlio 27enne da ogni coinvolgimento e rivelando il posto esatto in cui aveva lasciato i corpi ormai privi di vita. Non lontano dal luogo in cui era stata ritrovata bruciata l’auto delle due vittime. I loro cadaveri erano lì, nascosti tra i cespugli, ormai in avanzato stato di decomposizione.

L’autopsia sui corpi

L’autopsia, fissata per lunedì, chiarirà ora la dinamica dell’uccisione che, secondo gli inquirenti, sarebbe avvenuta con un coltello poi fatto sparire con la complicità di un 42enne di Dolianova, Stefano Mura, ora indagato per favoreggiamento. 

La svolta è una mesta consolazione anche per le sorelle Mirabello, che non si erano mai rassegnate alla scomparsa dei loro congiunti né stancate di invocare con forza tutta la verità.