La Corte d’Assise d’Appello (presidente Gabriella Reillo) ha assolto due imputati accusati di aver avuto un ruolo nell’omicidio di Francesco Fiorillo, commesso il 15 dicembre del 2015 a Longobardi, non distante dalla Stazione ferroviaria di Vibo-Pizzo. Cancellata, quindi, la condanna a 16 anni di reclusione – inflitta in primo grado nel marzo dello scorso anno dal gup del Tribunale di Vibo, Tiziana Macrì, al termine di un processo celebrato con rito abbreviato – nei confronti di Arcangelo Michele D’Angelo, 31 anni, di Piscopio, difeso dagli avvocati Guido Contestabile e Marco Talarico.

Confermata l’assoluzione del primo grado di giudizio, per non aver commesso fatto, di Saverio Ramondino, 28 anni, di Vibo Valentia, assistito dall’avvocato Francesco Sabatino. Entrambi gli imputati erano stati arrestati il 6 febbraio 2019 dalla Squadra Mobile. All’udienza odierna, il sostituto procuratore generale di Catanzaro, Raffaella Sforza, ha chiesto ai giudici d’appello la riapertura dell’istruttoria per la posizione di Saverio Ramondino affinché venisse sentito Antonio Zuliani, richiesta però non accolta dalla Corte.

La pubblica accusa ha quindi chiesto pesanti condanne per i due imputati: 18 anni per Saverio Ramondino e 16 anni per Arcangelo D’Angelo. Gli avvocati Guido Contestabile, Marco Talarico e Francesco Sabatino hanno poi contestato la ricostruzione accusatoria. La Corte d’Assise d’Appello, all’esito della camera di consiglio, ha assolto entrambi gli imputati disponendo la scarcerazione di Arcangelo D’Angelo atteso che Ramondino (assolto già in primo grado) era stato in precedenza scarcerato dal Riesame su annullamento della Cassazione.

L’indagine è stata condotta sul campo dalla Squadra Mobile di Vibo, diretta all’epoca da Giorgio Grasso e Cristian Maffongelli, e non si è fermata all’arresto di Antonio Zuliani, 28 anni, pure lui di Piscopio (già condannato a 14 anni) ed accusato di aver aperto il fuoco contro la vittima. Proprio la detenzione di Zuliani aveva permesso agli inquirenti di arrivare agli altri due presunti complici nel delitto ora assolti.

Le parziali ammissioni di Zuliani in ordine al fatto di aver esploso colpi di pistola prima dell’omicidio, ma il tentativo di allontanare da sé stesso le responsabilità per il fatto di sangue addossandole a D’Angelo e Ramondino, aveva permesso agli investigatori di chiudere il cerchio sui presunti esecutori materiali dell’omicidio per il quale si cerca ancora l’esatta individuazione del movente.
Le indagini non sono mai cessate anche su altro filone. Non pochi sono infatti i contatti con altra inchiesta per prostituzione minorile nel Vibonese che ha già portato alla condanna, fra gli altri, dell’ex parroco di Zungri.