Un fatto di sangue, quello avvenuto nel 2015, la cui scena del crimine è stata ricostruita grazie a sofisticate tecniche 3D realizzate dal servizio Scientifica
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Giudizio immediato per Arcangelo Michele D'Angelo, 29 anni, di Piscopio, difeso dall’avvocato Marco Talarico, e per Saverio Ramondino, 26 anni, di Vibo Valentia, difeso dall'avvocato Francesco Sabatino, arrestati il 6 febbraio scorso dalla Squadra Mobile per l’omicidio di Francesco Fiorillo, commesso il 15 dicembre del 2015 a Longobardi. L’ha disposto oggi il gip del Tribunale di Vibo Valentia, Giulio De Gregorio, accogliendo la richiesta del pm della Procura di Vibo, Concettina Iannazzo, per evidenza della prova.
Al contempo, la prima sezione penale della Cassazione ha annullato l’ordinanza emessa nei confronti di Saverio Ramondino, attualmente detenuto con l’accusa dell’omicidio Fiorillo in concorso con D’Angelo e Antonio Zuliani, 27 anni, anche lui di Piscopio (già condannato a 14 anni di reclusione con rito abbreviato). I giudici hanno accolto i rilievi degli avvocati Francesco Lojacono e Francesco Sabatino i quali avevano segnalato l’inattendibilità delle dichiarazioni di Zuliani oltre alla mancata indicazione per il Ramondino di uno specifico ruolo nell’omicidio. Tali rilievi, già sostenuti dall’avvocato Sabatino, dinanzi al Riesame erano stati oggetto di un’ordinanza oggi annullata dalla Suprema Corte che ha disposto un nuovo giudizio dinanzi al Riesame per Ramondino.
L’indagine è stata condotta sul campo dalla Squadra Mobile di Vibo, diretta da Giorgio Grasso e Cristian Maffongelli, e non si è fermata all’arresto nel marzo scorso di Antonio Zuliani, 27 anni, pure lui di Piscopio ed accusato di aver aperto il fuoco contro la vittima.Proprio la detenzione di Zuliani ha permesso agli inquirenti di arrivare agli altri due presunti complici nel delitto. Le parziali ammissioni di Zuliani in ordine al fatto di aver esploso colpi di pistola prima dell'omicidio, ma il tentativo di allontanare da sé stesso le responsabilità per il fatto di sangue addossandole a D’Angelo e Ramondino, ha permesso agli investigatori di chiudere il cerchio su tutti i presunti esecutori materiali dell’omicidio per il quale si cerca ancora l’esatta individuazione del movente. La decisione della Cassazione, almeno per Ramondino, rimette però in discussione l’ipotesi accusatoria.
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