Il collaboratore di giustizia Gianni Cretarola, 33 anni, è stato condannato oggi a 10 anni di reclusione, due anni in meno di quanto inflitto in primo grado dal gup Maria Bonaventura. La sentenza, emessa dalla prima Corte d’Assise d’Appello di Roma, ha concesso al giovane le attenuanti generiche non riconosciute in primo grado. Con le sue dichiarazioni fece luce sull’omicidio a Roma del boss della ‘ndrangheta, Vincenzo Femia, a cui partecipò. Il processo si è svolto a porte chiuse. Vincenzo Femia, ritenuto dagli inquirenti legato alle cosche calabresi di San Luca, ma da decenni trapiantato nella capitale, fu trovato morto il 24 gennaio 2013, in località Castel di Leva, ucciso con numerosi colpi di pistola mentre era dentro l’auto della moglie. Lo spessore criminale della vittima e le modalità dell’omicidio indussero gli investigatori a ricondurre il delitto a un contesto di tipo mafioso.

 

La confessione di Cretarola, che dall’agosto 2013 è diventato collaboratore di giustizia confessando di far parte di una cellula ‘ndraghetista, fece luce sul reale movente dell’omicidio che era da ricollegare a contrasti insorti nella spartizione del mercato della droga nella capitale (160 chili di cocaina colombiana trasportati a Roma dalla Spagna nell’agosto 2012). Cretarola puntualizzò che il suo compito era stato quello di accompagnare la vittima al posto individuato per l’agguato. Il giovane descrisse le modalità dell’azione, i partecipanti, il numero di colpi esplosi, lo stato dei luoghi dove fu consumato l’omicidio. Gli fu riconosciuta l’attenuante della collaborazione, ma non l’attenuante generica, e condannato a 12 anni di reclusione dopo il rito abbreviato. Oggi la Corte d’Assise d’Appello della Capitale lo ha condannato a 10 anni.