Diversi elementi fanno pensare che chi ha aperto il fuoco sapeva bene dove trovare la vittima. Il telefonino dell’imprenditore in mano ai carabinieri che cercano ogni indizio utile per la risoluzione del crimine che ha sconvolto un’intera comunità
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Inizierà questa mattina alle ore 11 all’ospedale di Vibo Valentia l’esame autoptico sul cadavere di Giuseppe De Masi, l’imprenditore 39enne freddato a Soriano Calabro mentre si apprestava ad uscire dal salone del barbiere alla vigilia del capodanno.
Un passaggio necessario ed obbligato – quello dell’autopsia – che potrebbe fornire utili elementi su esecuzione del delitto, arma utilizzata per l’azione di fuoco e distanza dalla quale i colpi sono stati esplosi, di cui almeno quattro (sui sei esplosi) andati a segno. I familiari della vittima – sconvolti per l’accaduto – non hanno inteso nominare un consulente di parte per assistere all’autopsia, affidandosi pienamente e con fiducia al medico legale nominato dalla Procura di Vibo Valentia che, con il procuratore Camillo Falvo e il pm Maria Cecilia Rebecchi, sta coordinando l’intera attività di indagine affidata sul “campo” ai carabinieri del comando provinciale, ai militari dell’Arma della Compagnia di Serra San Bruno guidata dal capitano Francesco Conigliaro ed a quelli della Stazione di Soriano Calabro al comando del maresciallo Barbaro Sciacca.
Un omicidio che ha sconvolto un’intera comunità per le modalità di esecuzione, l’orario ed il luogo scelto per l’agguato, sia soprattutto perché la famiglia del giovane viene ritenuta lontana da ogni ambiente criminale, grande o piccolo, e dedita solo al lavoro. Lo stesso Giuseppe De Masi, che lascia moglie e due figli in tenera età – dopo la parentesi giudiziaria che l’ha visto coinvolto dieci anni addietro in due operazioni dalle quali era uscito comunque totalmente assolto – pare si fosse allontanato da ambienti controindicati dedicandosi esclusivamente alla gestione dell’autolavaggio ed alla sua impresa di movimento terra.
C'era chi sapeva dove trovarlo
In queste ore di frenetica attività di indagine alla ricerca di ogni indizio utile per arrivare in tempi brevi alla risoluzione del caso, un particolare non viene sottovalutato dagli investigatori: chi ha deciso di portare a termine l’agguato sapeva benissimo dove poter trovare Giuseppe De Masi, ovvero nell’autolavaggio. Si fa sempre più concreta infatti l’ipotesi che le persone che si sarebbero recate nel pomeriggio del 31 dicembre nell’autolavaggio del giovane – senza trovarlo – siano le stesse che hanno poi portato a termine il loro piano di morte recandosi subito dopo (perchè tanta fretta?) a Soriano dal barbiere dove hanno poi rintracciato effettivamente Giuseppe De Masi.
Se tale lettura dei fatti fosse avvalorata, chi ha deciso di punire con la vita il giovane imprenditore conosceva molto bene i suoi movimenti e solo per una pura casualità (l’inaspettata decisione della vittima di recarsi dal barbiere) l’omicidio non si è consumato nell’autolavaggio. Induce a pensare ciò la circostanza che le tre persone che si sarebbero recate con un’auto a cercare De Masi nel suo autolavaggio non si sarebbero al momento fatte vive con i carabinieri per dichiarare la loro estraneità rispetto al delitto compiuto a breve distanza di tempo dal barbiere nel centro storico di Soriano Calabro.
Altro particolare importante: da diverse testimonianze già raccolte dai carabinieri pare che il sicario abbia agito a volto scoperto. Imprudenza o segno che si è trattato di un omicidio di “impeto”, non programmato da tempo e maturato invece a seguito di una lite avvenuta poche ore prima o il giorno precedente? Nessuna ipotesi viene scartata al momento dagli investigatori, compresa la circostanza che il sicario possa essere giunto da fuori paese, ma pur sempre con l’appoggio di qualche basista locale (si “guarda” anche alla vicina Gerocarne ed a Sorianello) che conosceva bene sia le vie di fuga, sia dove trovare Giuseppe De Masi.
Risposte importanti sugli ultimi movimenti e contatti avuti dalla vittima si attendono dall’analisi del telefonino della vittima che è stato posto sotto sequestro. Così come importanti potrebbero rivelarsi le immagini riprese da alcuni impianti di videosorveglianza della zona per fare quindi luce – in tempi brevi – su un delitto che non può restare impunito al pari dei tanti omicidi commessi in questi anni nelle Preserre vibonesi ed ascrivibili con certezza – questi sì – nella faida e guerra di mafia per il “controllo” del territorio scatenata dai clan Emanuele-Idà e Loielo, bracci armati della “Società” di ‘ndrangheta di Ariola di Gerocarne il cui capo storico, Antonio Altamura, si trova da tempo detenuto per scontare una condanna definitiva.
L’omicidio di Giuseppe De Masi accelera di fatto la stretta degli inquirenti su attività investigative già messe in piedi da anni e che potrebbero presto dare i frutti sperati. Un intero comprensorio – quello fatto dalla stragrande maggioranza di persone perbene e dedite solo al lavoro – non aspetta altro.