Arrivano due condanne dalla Corte d’Assise di Catanzaro per l’omicidio e l’occultamento del cadavere di Giuseppe Cricrì, ex candidato a sindaco del Comune di Dinami nelle amministrative del maggio 2013 ritrovato carbonizzato nella sua auto il 22 ottobre 2013. Nei confronti di Liberata Gallace, 53 anni, di Gerocarne, residente a Piani di Acquaro (avvocato Cristian Scaramozzino) i giudici hanno inflitto 24 anni di reclusione (la Procura di Vibo aveva chiesto 21 anni di carcere), mentre per Fiore D’Elia, 65 anni, pure lui di Gerocarne (difeso dall'avvocato Giovanna Fronte), la condanna ammonta a 22 anni di carcere (il pm aveva chiesto 16 anni di reclusione). 

 
 

Giuseppe Damiano Cricrì (in foto), 48enne di Melicuccà di Dinami, è stato ucciso e bruciato all’interno della sua auto nelle campagne di Acquaro. La vittima avrebbe avuto una relazione sentimentale con Liberata Gallace, a sua volta separata ma che continuava a vivere col suo ex marito nella stessa casa insieme ai loro tre figli. La donna non avrebbe accettato la fine della relazione con Cricrì per via di una donna romena. Secondo la tesi accusatoria, la vittima nel corso dell’incontro con Liberata Gallace, era stata colpita al volto con un oggetto contundente (come acclarato dagli accertamenti medico-legali) così violentemente e ripetutamente da causargli la morte. Successivamente, la donna con l’ausilio di suo figlio, Alfonsino Ciancio, nonché dell’amante, Fiore D’Elia, avrebbe collocato il cadavere di Cricrì all’interno dell’autovettura della stessa vittima, sui sedili posteriori, trasportandolo in una stradina di campagna che si dirama dalla S.P.4 (Acquaro – Dinami) a Limpidi di Acquaro, località Petrignano dove, con della benzina, è stato dato fuoco al cadavere e al veicolo che l’indomani sono stati rinvenuti carbonizzati. I familiari della vittima sono stati assistiti dall’avvocato Giovanni Vecchio, che al termine della lettura della sentenza ha espresso “ampia soddisfazione per il verdetto della Corte d’Assise che ha accolto le argomentazioni della parte civile per uno dei fatti di sangue più cruenti degli ultimi anni”. Alfonsino Ciancio, 28 anni, al termine del processo con rito abbreviato è stato invece condannato in primo grado a 30 di reclusione, ridotti a 14 anni in appello con l’esclusione della premeditazione nel fatto di sangue.