La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della procura antimafia di Catanzaro proposto contro l'ordinanza del tribunale del Riesame che aveva scarcerato l'indagato del delitto
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La Suprema Corte di Cassazione, Prima sezione penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Catanzaro proposto avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro che aveva disposto l’immediata scarcerazione di Salvatore Ascone, difeso dagli avvocati Francesco Sabatino e Salvatore Staiano, per difetto di gravità indiziaria. L'uomo era stato arrestato su richiesta della Procura di Vibo Valentia con l'accusa di concorso nell'omicidio di Maria Chindamo, l'imprenditrice 44enne scomparsa il 6 maggio del 2016 nelle campagne di Limbadi, ma nei mesi scorsi il fascicolo era stato trasmesso per competenza alla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro che ha dunque impugnato il provvedimento di scarcerazione.
Nell’udienza tenutasi ieri, gli avvocati Sabatino e Staiano hanno reclamato l’inammissibilità del ricorso rilevando che le doglianze della Procura in alcun modo potessero intaccare la ricostruzione offerta dal Tribunale del riesame che aveva escluso qualsivoglia coinvolgimento di Ascone nella vicenda; argomentazioni accolte in pieno dal supremo collegio che ha dichiarato inammissibile l’impugnazione.
Questa decisione sopraggiunge a quella del Tribunale per i minorenni di Catanzaro che di recente ha disposto altresì l’archiviazione per Rocco Ascone, figlio di Salvatore Ascone, anche lui originariamente indagato nella medesima vicenda.